Il ciclismo italiano si scopre un po’ più povero, questa mattina: ci ha lasciato Arnaldo Pambianco. Era nato a Bertinoro, in provincia di Forlì Cesena, il 16 agosto 1935 ed era stato professionista dal 1958 al 1966.
Tra i dilettanti era stato campione italiano ed aveva partecipato ai Giochi olimpici di Melbourne nel 1956, giungendo settimo. Poi il passaggio tra i professionisti come gregario di Ercole Baldini e Gastone Nencini. Nel 1960 riuscì a piazzarsi settimo sia al Giro d'Italia sia al Tour de France e nel 1961 firmò il suo capolavoro, andando a vincere il Giro d’Italia.
Dopo essere caduto nella tappa di Taranto e aver continuato con grande tenacia, “Gabanein” (questo era il suo soprannome) riuscì a entrare nella fuga della quattordicesima tappa, al termine della quale conquistò la maglia rosa con 24 secondi di vantaggio su Jacques Anquetil, al quale l’aveva tolta. In maniera sorprendente e contro ogni pronostico sepe rispondere agli attacchi di Anquetil, di Charly Gaul e Rik Van Looy, arrivando in trionfo a Milano pur non avendo vinto alcuna tappa. (qui il ricordo che Marco Pastonesi gli aveva dedicato in un suo articolo)
Nel suo palmares, tra gli altri, i successi in una tappa del Giro nel 1963, la Freccia del Brabante nel 1964 e il quinto posto al mondiale del 1962.
Era un corridore molto amato, simbolo della sua Romagna, tanto che Secondo Casadei gli aveva dedicato una canzone intitolata "Viva Pambianco".
Pochi mesi fa aveva pianto la scomparsa della moglie Fabiola, ed è probabile che il suo grande cuore non abbia retto a questa grave perdita. Ai figli Monica e Paolo e alle loro famiglie, le condoglianze della nostra redazione.