Caro Direttore, trovo che il tuo approfondimento circa "Una foto, un bimbo e un biomeccanico" sia un esempio di come si possa esprimere un'opinione senza preconcetti o pregiudizi, e soprattutto rispettando i punti di vista altrui. Non per nulla, dando comunque atto di come ci si possa legittimamente - e umanamente - indignare quando certi limiti paiono oltrepassati, sei quasi ad... invocare una "presa di coscienza". Non certo sputando sentenze, ma semplicemente ponendo una domanda: "tutto questo è giusto?".
Francamente, non saprei rispondere. Soprattutto non so rispondere in poche righe. A mio sommesso avviso, per quella scarna conoscenza che ho del mondo e dell'ambiente di quella Disciplina Sportiva che ha nome Ciclismo, sarei tentato di provare a darti una risposta ponendo un'ulteriore domanda: perché mai, da troppo tempo, non abbiamo dei "nuovi" corridori che siano - quanto meno - all'altezza di quella che è stata la tradizione vincente del nostro movimento ciclistico? Ognuno, ovviamente, è libero di determinarsi come meglio crede e di pensarla nel modo che ritiene più appropriato.
Di sicuro, non si può camuffare con l'ovvio richiamo alla "salute" dei ragazzini quella che è una desolante realtà come l'idea agonistica che - per la gran parte - tendono a prospettare (meglio a dire, ad imporre) a dei bambini, o poco più, proprio quelle persone che dovrebbero averne la massima cura e rispetto.
Se risponde al vero che il "biotecnico" abbia chiarito quale sia il fondamento del suo operare trincerandosi dietro la fatidica frase in oggetto, proverei ancora più sconforto. Se passa l'idea che "la crescita" di un bambino che desidera solo divertirsi andando in bicicletta dipende da una perfetta postura, e che lasciandolo diversamente libero di pedalare corrisponda a "sottovalutarne" la salute, siamo ben oltre i limiti della stessa decenza.
Cordialmente, Fiorenzo Alessi