Non è un “sentiment”, non è nemmeno una suggestione, ma siamo in piena emergenza. Quel che colpisce è che si contano decine e decine di corridori che si fermano, uno via l’altro. Il malumore in mezzo al gruppo è crescente, quanto la preoccupazione. Non so il perché, non ne ho le competenze, ma sono in tanti ad avermi manifestato i loro timori: dai corridori ai team manager, per arrivare ai medici.
Non è un bel momento, c’è qualcosa che non va ed è il caso che il governo della bicicletta mondiale (l’UCI, ndr) e tutte le componenti che rappresentano la grande famiglia del ciclismo si parlino, per arrivare ad un punto.
Non si è mai vista una cosa simile negli ultimi 25 anni. Metà gruppo è malato, non di Covid, però. Da quello che si legge nei comunicati stampa, siamo di fronte ad una serie di patologie che vanno dalle tracheobronchiti a bronchiti influenzali, fino alle infezioni delle alte vie respiratorie che hanno decimato il gruppo e i soggetti portatori di queste patologie faticano maledettamente a recuperare, tanto è vero che tardano a tornare in gruppo, come ad esempio il due volte campione del mondo Julian Alaphilippe.
Cosa c’è dietro? Ah, saperlo… Riporto alcune osservazioni che mi hanno fatto in particolare i medici. Sappiamo che non è Covid e sappiamo che l’incidenza sulla normale popolazione non è di proporzioni del ciclismo: quindi? Può essere che chi ha fatto il Covid ha le difese immunitarie basse (long Covid)? Potrebbe. Possono essere i vaccini? Va chiaramente indagato e studiato. In gruppo stanno emergendo – soprattutto tra i corridori - alcune riflessioni: non siamo forse di fronte a calendario gare troppo affollato? Non è forse che molte corse e moltissimi percorsi sono oramai troppo esigenti? Non è che forse stiamo chiedendo troppo ai nostri ragazzi, sempre più sotto stress per via di preparazioni e lontananze da casa, che si traducono in mancato recupero? Il “leit-motiv” dei ragazzi è: a casa non ci sono mai, tra ritiri, gara e altura, a casa non ci sono più.
Forse è un non problema, ma il punto di partenza è che troppi corridori non riescono più a presentarsi al via. Troppi team faticano a mettere assieme squadre per svolgere attività. Troppi atleti sono fuori gioco. Troppi gli atleti colpiti da questa influenza che attanaglia non solo le loro gambe. La domanda è: perché? Forse è il caso che qualcuno e, forse anche più di qualcuno, si ponga questa domanda e si interroghi. Nella speranza che altri provino a trovare delle risposte. Non è una suggestione, ma una emergenza.