In questi giorni di notizie da incubo, aggrappiamoci a qualche spiraglio di luce. Dopo avervi raccontato dell'arrivo in Italia della selezione della Nazionale Ucraina rimasta bloccata in Turchia durante un training camp, oggi possiamo darvi conto di altri membri della grande famiglia del ciclismo che sono riusciti a scappare dalla guerra, trovando riparo nel nostro Paese.
Si tratta di alcuni dei parenti più stretti del campione ucraino Andrij Ponomar, 19enne di talento della Drone Hopper Androni Giocattoli, in salvo grazie all'associazione La Memoria Viva e al cuore d'oro del direttore sportivo del team piemontese Giovanni Ellena, che tratta i "suoi" corridori come figli, soprattutto se in tenera età lasciano casa e affetti per inseguire in sella alla loro bicicletta un sogno come è accaduto ad Andrij.
Il Corriere della Sera edizione Torino ha raccontato ieri la storia di Elena, 43 anni, della figlia Alexandra di 7 e della madrina Ninel, 49 anni, rispettivamente la mamma, la sorella e la madrina del campioncino d'Ucraina che al suo ds aveva chiesto aiuto per allontanare da Cernihiv, al confine con la Russia, i suoi affetti più cari. La loro è stata una tra le prime città ad essere bombardate dai russi ed ora è una città distrutta e fantasma. «Abbiamo vissuto in un bunker per sei giorni — racconta mamma Elena alla collega del Corriere Floriana Rullo —. Eravamo in 500 lì sotto. Dormivamo per terra. Eravamo talmente stretti che Alexandra dormiva sotto il tavolo. I volontari ci portavano latte e pane e niente altro. Non avevamo da mangiare. Siamo usciti dal bunker solo una volta per prendere ciò che avevamo da mangiare in frigo. Ma poi hanno iniziato a bombardare. A colpire scuole e asili. Per noi era pericoloso».
Così hanno deciso di scappare da quel Paese ormai diventato invivibile, lasciando il padre a combattere. In macchina le tre donne sono partite per il viaggio della speranza verso Leopoli, al confine con la Polonia. «Abbiamo preso solo uno zainetto e siamo partite — raccontano mostrando le foto della loro città distrutta —. Era rischioso. Sparavano alle auto ma noi siamo state fortunate».
«Non ho parole sufficienti per ringraziare i volontari de La Memoria Viva. I santi non sono tutti in paradiso» commenta emozionato Giovanni Ellena che dopo aver fatto crescere tanti corridori sudamericani nel Canavese, Egan Bernal compreso, troverà tra i tanti amici e appassionati di ciclismo una sistemazione per la famiglia Ponomar in Piemonte.
Elena, Alexandra e Ninel ora dovranno trascorrere qualche giorno a Marostica, in Veneto, ma contano le ore per poter riabbracciare Andrij e sperano di tornare a casa quanto prima. Perché l’Ucraina è l’unica loro casa e lì c'è ancora una parte del loro cuore. «Ho lasciato mio marito a combattere. Lo sento tramite messaggi al telefono. Lui sta combattendo nella zona più pericolosa dell’Ucraina ma ripete che ce la faremo. La guerra non deve spezzare le nostre famiglie».
Andrij Ponomar ha vissuto con grande apprensione la vicenda ma finalmente può tirare un sospiro di sollievo e tornare a pedalare. Dopo le prime corse in Spagna dell'anno non ha più gareggiato, mentre i suoi compagni al via del Trofeo Laigueglia hanno dimostrato a favore della pace sfoggiando la sua maglia con i colori dell'Ucraina e i suoi tecnici si davano da fare per far sì che almeno parte della sua famiglia potesse raggiungerlo.
foto Corriere della Sera Torino
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