Ne ha parlato questa mattina sulle colonne della Gazzetta dello Sport. Uno sfogo raccolto da Gianni Bugno, che ne ha parlato a titolo personale, non da presidente del CPA. «Affermazioni così, da parte della Federazione internazionale, non sono piacevoli. Mettono un serio punto di domanda su tutto il sistema». Gianni Bugno è perplesso. L'esternazione a mezzo stampa rilasciata a Ouest France da Amina Lanaya, direttrice generale dell’Uci, sul tema della strategia nella lotta al doping nel ciclismo. «Non credo che i controlli antidoping siano il principale strumento di lotta contro chi vuole imbrogliare — aveva dichiarato Lanaya —. Privilegerei l’intelligence e l’attività di investigazione. Sto per dire una cosa estrema: credo ci sia la necessità d’infiltrarsi. In gruppo, nelle squadre. E valutare la possibilità di pagare gli informatori. Giuridicamente possibile? È da vedere, ma è il solo modo di riuscirci e potrebbe avere un effetto dissuasivo».
E Bugno, non si fa pregare per una replica: «Parlo a titolo personale più che nel mio ruolo istituzionale — afferma il monzese —. Sembrava che il problema del doping fosse in via di risoluzione, ma se si valutano azioni di quel tipo vuol dire che non se n’è tanto convinti. Ma il ciclismo è l’unico sport che ha sempre dato il massimo per fare chiarezza, i corridori sono quelli più sotto tiro e questo ulteriore inasprimento, o provocazione se la vogliamo chiamare così, mi sembra motivato solo se ci fossero dei sospetti». E ancora: «Non è mia intenzione criticare, pure il Cpa fa parte del sistema Uci. Però... Non se n’è parlato tra di noi e non c’è ancora nulla di concreto. Una persona non può dire tutto quello che vuole, ci sono delle cose che vanno concordate tra le parti... Neppure per le squadre sono piacevoli queste affermazioni. Vanno capite, studiate, e magari potremmo chiedere delle precisazioni in tal senso. Voglio anche capire se le cose riportate siano letterali oppure ci possano essere stati dei fraintendimenti. Stiamo parlando di sport, non di criminalità».