La stagione agonistica si è appena conclusa e ancora una volta chiediamo ai lettori di esprimere il proprio voto per eleggere il miglior tecnico italiano della stagione. Insieme ad alcuni grandi saggi, abbiamo selezionato una rosa di sette tecnici per la votazione che si apre oggi, ad un mese dalla cerimonia di consegna, la Notte degli Oscar in programma il 26 novembre: potete votare sulla home page del sito, trovate il sondaggio nella parte di destra dello schermo, e avete a disposizione un voto al giorno. A partire da oggi, quindi, vi proporremo in rapida successione le interviste ai sette tecnici - in ordine alfabetico Baldato, Bramati, Missaglia, Pellizotti, Piva, Villa e Zanatta - per conoscere le loro valutazioni sulla stagione e aiutarvi nella scelta. I vostri voti verranno poi sommati a quelli di una giuria di esperti per arrivare all'assegnazione dell'Oscar tuttoBICI 2021. Ad aprire la serie delle interviste è Fabio Baldato.
Il suo primo anno in ammiraglia UAE Team Emirates si è chiuso come meglio non poteva, con il trionfo di Tadej Pogacar a Il Lombardia. Fabio Baldato è tra i candidati al miglior direttore sportivo dell’anno per l’Oscar TuttoBici, al termine di una lunga stagione che lo ha visto impegnato nelle classiche del nord, al Giro d’Italia e poi le gare di fine stagione.
Fabio, cosa le rimarrà in mente di questo 2021?
«Mi sono inserito in una squadra nuova, con gente che in parte conoscevo e un roster molto importante. Direi che è stata una bella stagione; per quanto mi riguarda ho visto la squadra comportarsi bene al Nord, nonostante non fossimo la squadra più attrezzata, poi un buon Giro d’Italia con tantissimi piazzamenti, purtroppo molti secondi posti, e il successo parziale di Dombrowski a Sestola. Il momento più bello, però, è stata la vittoria de Il Lombardia con Pogacar. Ho avuto la fortuna di guidarlo solo lì ed è stato veramente esaltante».
Quando è partito ha capito subito che poteva vincere?
«Sì, io l'avevo sempre visto in TV, ma quando fa questi scatti sai che può vincere. Un corridore d'istinto, che se ha le gambe giuste non aspetta, non fa tattiche e parte. E con questo non voglio dire che sia uno che vuole strafare, perché se non ha la giornata migliore o non ci sono le condizioni sa anche stare coperto. Ha la visione di un corridore di 30 anni e questo è un suo grande pregio (tra i tanti)».
Anche caratterialmente sembra un ragazzo d’oro.
«Molto disponibile e premuroso. Sempre pronto alla battuta e, anzi, fa molta attenzione a non fare il prezioso e a far pesare il fatto che ha vinto due Tour de France».
Aveva mai lavorato con un talento del genere?
«No, così talentuoso mai. Quando lo vedo penso al mio ex direttore sportivo Giancarlo Ferretti che mi parlava di Eddy Merckx. Lui contro tutti, impotenti di fronte alla sua forza. Tadej un po' me lo ricorda».
E di Alessandro Covi cosa ci dice?
«Covi è un ottimo corridore, con grandi doti e una buona testa. Gli manca ancora il killer instinct e per questo io e i miei colleghi un po' lo punzecchiamo. Quando attacca dovrebbe essere più deciso, invece fa spesso scatti telefonati. Dall'altra parte, però, arriva agli appuntamenti sempre pronto, è sempre lì davanti e per un corridore della sua età non è una cosa scontata. Deve credere di più nei suoi mezzi e credo sia nella squadra giusta, con tanti campioni, per poter crescere».
Invece Matteo Trentin come l’ha visto dopo questa stagione stregata in termini di vittorie?
«Eppure, non è andato piano. Ha fatto terzo alla Gand-Wevelgem, poi al Giro delle Fiandre stava benissimo, aveva la gamba per un podio o una Top 5 ma ha forato ai piedi del Kruisberg e credo ci ricordiamo tutti le sue "preghiere" all'uscita del muro. Stiamo cercando di capire, lui per primo, a cosa sono dovuti tutti questi piazzamenti e l'assenza di vittorie. Spesso è arrivato a giocarsi il successo in una volata ristretta, ma non è mai riuscito ad alzare le braccia al cielo, dando l'impressione che per vincere doveva per forza arrivare da solo. È migliorato nella resistenza, ma è chiaro che ha perso esplosività. Quest'inverno lavoreremo per quello, in modo che possa tornare ad essere competitivo anche in volate a ranghi ridotti. Matteo, comunque, resta una garanzia: come capisce lui le gare ce ne sono in pochi».
Nelle prossime settimane cosa l’aspetta?
«Siamo venuti negli Emirati Arabi per incontrare gli sponsor e stare coi tifosi, visto che non succede così spesso. In UAE la squadra è simbolo dello sport e dello stare in salute e questo è motivante per tutti. Le prossime due settimane, invece, saranno un po' più tranquille. Una piccola vacanza con mia moglie è doverosa, poi ci sarà da tornare a lavorare come sempre, scegliere i gruppi di lavoro e confrontarsi con gli allenatori dei vari corridori. Non ci si ferma mai».