Richard CARAPAZ. 10 e lode. È cambiato il mondo, è cambiato da un po’ e anche questo ragazzo ha contribuito a farlo. Un tempo nazioni come l’Ecuador davano vita alle fughe di giornata: i primi scatti erano i loro. Adesso sono gli ultimi a scattare, con i tempi giusti, con la giusta intensità e lucidità, per arrivare primi. Riccardo cuor di Leone non sbaglia un colpo, sa che non si può arrivare allo sprint con quello là, con il ragazzo belga. E allora si muove, con coraggio, mentre Taddeo si sfila, si allarga, prova a lasciar fare gli altri, che esitano, ma Carapaz no. Lui va per la sua strada, una strada tutta d’oro per un corridore e per una nazione che un tempo scattava per prima, e adesso prima ci arriva, con una certa regolarità.
Wout VAN AERT. 9. Per quello che ha fatto sarebbe da 12, per quello che raccoglie forse sarebbe da 6-. Era l’uomo da battere e lo battono. Ci riesce solo uno, ma ci riesce. Ma Wout conferma di essere un corridore pazzesco, di forza e intelligenza rara. Ha una lieve e flebile flessione proprio sul finire della tappa, nel pezzo più duro: l’ultimo. Dopo tante accelerazioni e rilanci – sia lui che Pogacar – paga qualcosa, ma poi si prende quello che meritava di prendere.
Taddeo POGACAR. 9. È una corsa ad eliminazione, con due punti cardinali. Solo due: Wout Van Aert e Tadej Pogacar. Loro sono i punti di riferimento, loro sono i corridori da mettere in mezzo, da isolare, sfiancare: vada come vada. Taddeo con la sua faccina accetta ancora una volta di giocare, fino in fondo. E lo fa nuovamente alla grandissima. Non è devastante, ma molto più umano, ma è sempre qualcosa di più e di meglio di tutti gli altri. Ci resta di bronzo, ma questo è comunque un bimbo d’oro.
Bauke MOLLEMA. 8. Pensate di vederlo alla festa di laurea di vostro figlio? Lui c’è. Pensate che zitto zitto possa fare anche un salto per il matrimonio di vostra cugina? Lui c’è. Pensate che possa essere una bella idea invitarlo al battesimo di vostra nipote? Non dannatevi l’anima, lui c’è. Bauke c’è sempre.
Michael WOODS. 7. Il 34enne canadese c’è anche lui. Quando le corse sono al limite della sopportazione, lui le sopporta.
David GAUDU. 6,5. I primi otto sono tutti reduci dal Tour de France, tutti l’hanno portato a termine arrivando a Parigi. Il transalpino fa una buona corsa, con quello di cui dispone. Il suo 7° posto, alla fine, non è da buttare via.
Rigoberto URAN. 6. È l’unico che si sbatte per cercare di non lasciare spazio a Carapaz. Il colombiano è uomo di esperienza, di acume tattico sopraffino, ho ancora negli occhi l’argento a Londra 2012. Lui ci prova, fino alla fine, con classe e temperamento.
Adam YATES. 6. Il fratello targato Ineos corre per sé, ma anche per Richard. Alla fine è festa: comunque.
Maximilian SCHACHMANN. 6. L’uomo che non tira un metro e che ha come missione quello di sfruttare fino alla fine il lavoro altrui. Alla fine porta a casa un 10° posto, meglio che niente.
Michael KWIATKOWSKY. 6. Il 31enne polacco sembra essere in palla come pochi, ma anche lui, alla fine, paga dazio.
Brandon Mc NULTY. 5. Quante volte si parla di alleanze e strategie trasversali, di colori societari che alla fine pesano più di quelli nazionali. Il caso del 23enne americano va in disaccordo con tutto e con tutti. Prende e va, con Carapaz. Pedala, rilancia, fa la sua corsa: pensando a sé. Alla sua bandiera: altro che aiutare Taddeo… Il 5 è per chi vede sempre tutte le dietrologie, le corse nelle corse. L'americano fa la sua: 7.
P.S. Accetto come sempre e più di sempre le critiche dei miei/nostri lettori. Per una volta faccio un'eccezione e specifico meglio il voto, che voleva davvero essere (basta leggere quello che avevo scritto) un voto per quelli che sono sempre retroscenisti, complottisti e revisionisti: insomma, la sanno molto lunga. La colpa è chiaramente mia, che non mi sono espresso con chiarezza e per questo mi scuso.
Alberto BETTIOL. 6,5. Per un attimo si sogna, anche per più di un attimo. Quando scatta Pogacar (Slovenia) con Brandon McNulty (Usa) e Michael Woods (Canada), Richard Carapaz (Ecuador), Michael Kwiatkowski (Polonia), Rigoberto Uran (Colombia) e il nostro azzurro. Alberto sta bene e si vede ad occhio nudo. Risponde nel finale colpo su colpo, sia a Van Aert che a Pogacar. Poi, sul più bello, i crampi. La resa. Chiude 14°, primo degli italiani, un bottino chiaramente amaro, ma per come si erano messe le cose fin troppo severo.
Gianni MOSCON. 5. Con Alberto è il nostro uomo di riferimento, ma non dà mai l’impressione di essere a proprio agio.
Damiano CARUSO. 6. Deve cucire, rilanciare, provare a scremare la corsa negli ultimi quaranta chilometri e lo fa.
Vincenzo NIBALI. 6. Si muove Remco Evenepoel, che corre chiaramente in funzione di Van Aert pensando alla crono, e lo Squalo con Dunbar lo stoppa con tempismo.
Primoz ROGLIC. 5,5. Le botte del Tour non sono assorbite: non c’è.
Alexey LUTSENKO. 5. L’ucraino è uscito dal Tour probabilmente prosciugato, difatti oggi resta all’asciutto.
Gorka IZAGUIRRE. 5. Più che lui è la Spagna a essere sonoramente battuta, a non scendere mai in campo. Prova davvero incolore, per una nazione che quando c’è da dare battaglia spesso ti fa viola. Però, anche per loro, c’è da dire che l’avvicinamento non è stato dei più semplici, con il caso di positività Covid e tutta una serie di tamponi a ore antidiluviane. Insomma, è andata così.
Jan TRATNIK. 7. Il 31enne corridore sloveno è uno di quelli che tira di più, si sacrifica per la causa come pochi. Applausi.
Greg VAN AVERMAET. 7. L’oro di Rio si mette sin dal mattino a menare le danze per non lasciare spazio alla fuga di giornata. La mission è una sola: lavorare sodo per Van Aert. E lui lo fa, con impegno e meticolosa efficacia.
Giulio CICCONE. 6. Torna a casa con un ricordino, una brutta scivolata che gli lascia qualche abrasione alla coscia. Caduta in gruppo per l’azzurro d’Abruzzo che finisce per le terre con Thomas (l’abbonato, ormai non è più un caso), Geoghegan Hart e Quintana.
Nickolas DLAMINI. 7. È il 25enne sudafricano di Città del Capo, che veste la maglia del Team Qhubeka NextHash, a suonare subito la carica. Parte e va. Alla sua ruota si precipitano Juraj Sagan (Slovacchia), Eduard Michael Grosu (Romania), Michael Kukrle (Repubbica Ceca), Polychronis Tzortzakis (Grecia), Orluis Aular (Venezuela), Paul Daumont (Burkina Faso) e Elchin Asadov (Azerbaijan). Animano gran parte della gara olimpica, si sciroppano una bella fetta di fatica e per questo meritano tutto il nostro plauso.
Davide CASSANI. 6. Non c’è tanto da sfogliar verze: la squadra era composta dai corridori migliori. Battezza Bettiol come punta. Come uomo giusto per provare a scardinare il fortino belga e sloveno. Alberto la gamba ce l’ha, la testa pure. Poi i crampi. Adesso si dirà: chi ha fatto il Tour ha fatto la corsa. Ma il ct non poteva chiaramente imporre a Ineos, Ef, Bahrain o Trek di portare i suoi probabili azzurri in Francia. Ogni squadra fa le proprie scelte, e i nostri azzurri non facevano parte dell’artiglieria pesante per il Tour. Questo è il punto: non abbiamo artiglieria pesante.
P.S. Mi preme fare una precisazione anche in merito ai tanti commenti sulla lista dei convocati. La prima lista (una rosa di nomi), Cassani l'ha dovuta fare a maggio. La scelta dei titolari a fine giugno.