Come non sbalordirsi davanti all'impresa di Nicola Viganò, ciclista per diletto come tanti amatori appassionati delle due ruote, che il 24 giugno, giorno di San Giovanni Battista (una data speciale per lui, ndr), si affaccia ai piedi del Passo Spluga per vivere una favola. Perché la sua favola si racconta, si ascolta, si guarda. Ed è stata quella di salire e scendere per cinque volte i 2100 metri dello Spluga, dopo 20 ore di sella, sfidando il caldo, la pioggia, il freddo (addirittura 3° gradi la temperatura percepita nelle ore notturne) e perfino la grandine nei 280 chilometri complessivi. Così ha realizzato il suo Everesting d'amore per ricordare suo padre Amato scomparso a 74 anni nel 2014.
"Una grande soddisfazione, un sogno realizzato, una sfida anche personale che ho voluto dedicare a mio padre Amato nato il 24 giugno- ha detto Nicola-. Il mio chiodo fisso era quello di percorrere su e giù la stessa salita cinque volte, e per farlo ho scelto il Passo Spluga 30 chilometri di ascesa. Qualche pausa per integrare cibo e acqua. La luce e il buio che mi accompagnano fino alle ultime rampe dove sono accolto con un grosso applauso. E' fatta, sarà contento mio papà che mi ha guardato da lassù".
Amato Viganò è stato un grande tifoso di Gino Bartali, ha lavorato come metalmeccanico nella storica Autobianchi di Desio alle porte di Monza. Lavorava e seguiva le imprese del grande Gino fino a trasmettere la passione al figlio. E Nicola questa impresa l’ha voluta dedicare al caro genitore pedalando sotto le stelle dello Spluga uno dei più importanti valichi dell'arco alpino, conosciuto fin dall'antichità per il suo agevole transito: la moderna arteria stradale che lo attraversa è stata costruita tra il 1821 e il 1823, mentre la via Spluga d'epoca romana fu realizzata alla fine del I secolo a.C.; nelle sue vicinanze si trova il punto d'Italia più lontano dal mare in linea d'aria, pari a circa 240 km. Anche l'ultimo Giro d'Italia, quello vinto dal colombiano Egan Bernal, ha reso omaggio a questo Passo il 29 maggio scorso, con il passaggio della 20sima tappa vinta da Damiano Caruso.
Nicola lo ha affrontato dal versante di Chiavenna, in provincia di Sondrio, nella conosciuta Valtellina. A differenza del padre, la vocazione di Nicola per la bicicletta si lega al nome del campione monzese Fiorenzo Magni (Il Leone delle Fiandre) dal cui prende ispirazione quando sale in bicicletta.
In sella ad una Colnago anni Ottanta (tubi master tanto per capirci) ha scritto la sua impresa, per papà Amato e per tutte quelle persone che gli sono vicine.
Gli amici numerosi, citiamo Andrea che si è spinto fino ai pedi della salita all’una e trenta del mattino e Mattia che con precisione svizzera (è giunto da Berna) non ha voluto mancare, gli hanno trasmesso forza, coraggio, rigore, grinta, fede e fiducia anche nei momenti di sconforto fino ad accompagnarlo negli interminabili ultimi metri di una lunghissima e dispendiosa giornata.
Impresa, eccesso dello sport agonistico, si pongono al centro di questa pazzesca avventura del quarantenne di Seregno, che ha imparato le basi della meccanica frequentando una scuola professionale, poi lavorando alla Braking di Briosco, fra dischi di freni per moto e bici, e in seguito alla Carbodias di Capriano in Brianza. La bici dopo il calcio (portiere in serie D nella squadra Internapoli) ha sposato lui, o forse lui ha sposato la bici, tant’è che alla bici deve molto: dall'attività nella rinomata officina Cicli Brianza in Seregno (inaugurata nel 2015 e ormai punto di riferimento per migliaia di biciclette), alla compagna Stefania conosciuta proprio grazie alla bicicletta, fino al piccolo Fabian Amato di soli 4 mesi, se spingerà forte sui pedali lo scopriremo in un futuro non troppo lontano.
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