«Ho cominciato ad andare in bici prestissimo, a 5 anni, addirittura prima di diventare G1, perché vedevo i miei fratelli maggiori allenarsi e volevo anch'io la mia bici. Non ho mai ottenuto chissà quali risultati, ma sono cresciuto con costanza e da secondo anno U23, dopo aver preso il diploma in un ITIS di Automazione, ho deciso di provare a diventare un corridore». Samuele Zoccarato lo è diventato ufficialmente e quest’anno vivrà la sua prima stagione da professionista con la maglia della Bardiani-CSF-Faizanè.
Da U23 ha fatto la vita da nomade, spostandosi alla ricerca di nuove opportunità per crescere e per far venire fuori il suo talento: nel 2017 al Veloce Club Breganze, nel 2018 alla General Store, nel 2019 alla IAM Excelsior in Svizzera e nel 2020 con la Colpack-Ballan. Ogni anno il 22enne padovano ha fatto uno step in avanti: «Quando ho visto che la situazione Covid cominciava a degenerare mi sono detto "ecco, non passo professionista neanche sto anno", ma per fortuna invece ce l'ho fatta. Era il mio grande obiettivo stagionale – racconta Zoccarato a tuttobiciweb -. Nonostante anche una doppia frattura della clavicola, a fine gennaio la prima volta, e poi in allenamento appena dopo il Giro U23, con una macchina che mi ha sorpassato e poi ha girato a destra, tirandomi giù. Un grande grazie va alla Colpack, che mi ha supportato molto nella ricerca di un contratto tra i professionisti».
Non è un vincente, ma ha un ottimo motore, che probabilmente nel quadriennio da dilettante non sempre è riuscito a mettere in mostra: «Recrimino per non essere riuscito a mostrare del tutto le mie potenzialità negli ultimi due anni a causa di svariati guai fisici. Con la IAM ho avuto prima un problema al ginocchio e poi la mononucleosi, perdendo quasi tre mesi di stagione e tutto ciò che ne consegue, nel 2020 tra covid e clavicole non è andata tanto meglio». Nel 2018 ha vinto la Ruota d’Oro in Toscana dopo un testa a testa con Clement Champoussin, ma gli onori della cronaca se li è guadagnati tutti al Giro d’Italia U23 di quest’anno, quando ha deciso di attaccare sul Mortirolo e sfidare l’intoccabile Tom Pidcock.
«Ci ho provato ogni giorno, mi piace attaccare, e la cosa bella è che con il passare delle tappe mi sentivo sempre meglio – spiega ancora Zoccarato -. Il mio compito era quello di controllare la corsa, inserirmi nei tentativi da lontano, per cercare di tenere coperti Tiberi e Gazzoli, che avevano le caratteristiche per giocarsi le tappe. La prestazione sul Mortirolo non me la sarei mai aspettata. In mattinata non ero riuscito a entrare nella fuga, così mi ero già rassegnato a una tappa nelle retrovie, e invece una volta cominciato il Mortirolo mi sono ritrovato a battagliare con gli scalatori più forti, compreso Pidcock, e per qualche chilometro di salita sono stato anche in testa da solo. Alla fine, ho chiuso con un ottimo terzo posto». L’emergente fenomeno inglese era semplicemente due spanne sopra tutti: «È indecifrabile, la sua pedalata un po' scomposta ti fa credere che sia al limite, e invece i suoi limiti non si vedono».
Eppure non è, o quantomeno non si definisce, uno scalatore. Ma le sue caratteristiche sono tutte da scoprire: «Più passista che scalatore, visto che peso 74-75 kg – ammette ancora Zoccarato -. È vero che ho fatto terzo sul Mortirolo, però c'è da dire che anche un corridore come Rohan Dennis ha staccato tutti gli scalatori al Giro d'Italia. Nel ciclismo moderno se si ha potenza e la condizione fisica perfetta, ci si riesce a difendere bene anche in salita. Ciò che mi manca invece è lo spunto veloce e l'esplosività, su cui devo lavorare assolutamente per sperare di andare a caccia di qualche buon risultato. In futuro, poi, mi piacerebbe sicuramente provare a testarmi anche a cronometro, penso di avere le caratteristiche adatte».
L’impressione è comunque quella che a Zoccarato non piaccia stare con le mani in mano. Basti sapere chi sono i suoi modelli di riferimento: «Mi piacciono gli attaccanti e quindi naturalmente penso a Thomas De Gendt e Alessandro De Marchi. Poi cito Marco Marcato con cui mi alleno spesso, una vera guida per me, che mi riempie di consigli sia per la vita in bicicletta che per quella fuori. Mi piacerebbe poter imitare la sua carriera, anche se abbiamo caratteristiche un po' diverse».
L’ambiente della Bardiani-CSF-Faizanè sembra quindi prestarsi ottimamente alla sua indole di attaccante, anche se il giovane padovano è conscio che un conto è attaccare tra gli U23, un altro è farlo coi professionisti. «Nelle corse che ho fatto coi professionisti fino ad ora mi sono trovato abbastanza a mio agio – continua Zoccarato, che con IAM e Colpack ha già avuto modo di testarsi coi professionisti -. Le corse sono di più facile lettura e ognuno ha il suo ruolo ben definito. Non ci si può nascondere, se vai forte puoi provare a stare davanti, altrimenti sei destinato a staccarti presto. I ritmi sono davvero alti e non vedo l'ora di mettermi alla prova. Dovrò imparare il più possibile e soprattutto sbagliare il meno possibile. Non posso permettermi di perdere tempo. Sarò a disposizione della squadra, sicuramente in questo primo anno non potrò avere grosse libertà, mi accontenterò di farmi vedere in fuga ogni tanto e prendere qualche inquadratura televisiva».
Le ambizioni però non mancano, sia per questo 2021 che per il futuro: «Vorrei subito riuscire a guadagnarmi una convocazione per il Giro d'Italia, e magari concluderlo. Una corsa dei sogni? Non ne ho una in particolare, però sogno il modo: arrivare in solitaria, con tanto vantaggio sugli avversari, in modo da godermi il momento ed esultare in tutta tranquillità».
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