Il 2020 è tante cose, ed è anche un anno di bilanci sportivi prima del rinnovo delle cariche delle varie federazioni. Anche in tema di attività sportive sui social, come sempre più spesso accade, è facile trovare lo sfogo di malesseri più o meno giustificati. Il periodo è difficile e anche gli umori sono ammalati.
Il parere di chi non vota conta sicuramente meno, e se in aggiunta si tratta di persona mai tesserata alla Federazione Italiana Ciclismo, con
iscrizioni ad altre Federazioni nel proprio curriculum sportivo giovanile, non conta davvero nulla.
Tuttavia a volte si sente comunque la necessità di testimoniare e rendere merito per delle esperienze in cui si è stati, anche se marginalmente, coinvolti: così, per il semplice valore di dare un contributo alla verità.
Delle difficoltà vissute in Italia dallo sport giovanile è facile parlare. E su questo aspetto non si lavorerà mai abbastanza. E’ anche giusto ricordare quanto la Federazione, insieme ai suoi commissari tecnici, ha messo in campo in questi anni per seguire e fare svolgere attività alle proprie categorie giovanili. Dall’esterno non posso non pensare che se in Italia la strada, la pista e le altre categorie svolgono certe attività con l’ausilio di tecnici di primo ordine, è perché la struttura federale ne supporta il lavoro.
Nel 2020, l’anno più difficile, io credo che il ciclismo italiano, nelle sue componenti, abbia veramente superato sé stesso. Ad un primo momento di quasi disperazione, in cui lo sport, come il turismo, sembravano essere l’ultima preoccupazione del governo, è succeduta una magnifica rivoluzione in cui il ciclismo è divenuto modello di ripartenza in sicurezza per lo sport e oltre lo sport. Sempre dall’esterno non posso non pensare che la Federazione abbia svolto un ruolo determinante nel risorgimento dalle difficili acque romane.
Il premio alla nostra Federazione, se non lo daranno i voti in assemblea, che possono a volte seguire logiche non logiche, lo ha già
dato l’UCI, scegliendo con sua grande soddisfazione il nostro paese quale sede dei freschissimi Mondiali di Imola.
Ma la freschezza può durare poco. Il ricordo, nel momento del voto, può diventare amnesia. Il non ricordo può valere per esempio anche nella mia regione. Ne parlo, anche se può sembrare inopportuno, perché spesso l’Emilia Romagna è stata invidiata in questi ultimi tempi per il tanto, troppo Ciclismo, di cui ha goduto. E’ vero, non si organizzano solo eventi e corse, c’è tutto il resto dell’attività sportiva da portare avanti. Ma è anche vero che quella degli organizzatori di corse è vocazione importante di questa terra, così come in Friuli nascono i pistard.
Io credo che le altri regioni con difficoltà possano pensare che gli emiliano – romagnoli non siano stati appagati nella loro sete di ciclismo. E dall’esterno penso che un Warm Up che consente in Emilia – Romagna la prima pedalata d’Italia, la pedalata di giovani ciclisti, un Mondiale di Imola che ha fatto storia, gli Europei Pista Juniores e Under 23 al Velodromo di Fiorenzuola, un campionato italiano Under 23 a Zola Predosa, possano avere luogo perché dei bravi organizzatori trovano il giusto supporto nelle strutture della Federazione, regionale e nazionale.
Ben vengano nuove energie e nuovi programmi, ben venga maggiore partecipazione, ma dall’esterno io credo che non sarebbe giusto non ricordare tutto questo.
Mariagrazia Nicoletti
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