Sul futuro del ciclismo in tempo di pandemia regna ancora molta incertezza. Il Giro d'Italia potrà davvero svolgersi ad ottobre? E se andrà in scena, farà ancora tappa ad Asti, come era nel suo disegno iniziale? Tra tanti dubbi, c'è una sola certezza: nella sua storia più che centenaria, solo una volta la corsa rosa è stata vinta da un corridore astigiano. Accadde nel 1930, allorchè ad imporsi fu un giovanotto di appena 21 anni, Luigi Marchisio, nato nel 1909 nella frazione Ranello del comune di Castelnuovo d'Asti, che proprio in quel 1930 sarebbe diventato Castelnuovo Don Bosco. "Vigin", come lo chiamavano tutti, andava forte in bici fin da ragazzino. "Scommetteva con gli amici - afferma il nipote Marco - che, partendo dalla piazza del mercato di Castelnuovo, sarebbe riuscito ad arrivare in cima al paese, davanti alla Chiesa, percorrendo la dura salita con una mano sola sul manubrio. Vinceva sempre, e anche negli ultimi anni della sua vita il nonno ricordava con orgoglio quei primi soldini guadagnati grazie alla bici". Poi le prime gare ufficiali, le vittorie tricolori tra i "liberi" nel 1926 e fra gli indipendenti nel 1928, fino al passaggio tra i professionisti nel 1929 con la casacca della Legnano, al fianco del grande Alfredo Binda.
Il Giro d'Italia del 1930 è passato alla storia poichè gli organizzatori pregarono Binda, che aveva dominato le tre edizioni precedenti, di restare a casa per manifesta superiorità, versandogli il premio che sarebbe spettato al vincitore: 22.500 lire. Binda accettò l'invito e così la Legnano, priva del suo capitano, lasciò liberi i suoi corridori di giocare le proprie carte.
Marchisio colse al volo l'occasione e già al termine della terza tappa, Palermo-Messina, da lui vinta davanti a Learco Guerra, prese il comando della classifica e lo mantenne fino al traguardo finale di Milano, nonostante una ferita al bulbo oculare causata da una scheggia vulcanica dell'Etna che lo costrinse per qualche giorno a correre con un occhio bendato. Pochi mesi dopo quel successo si impose in un Giro di Calabria tutto di matrice astigiana: 2° si classificò infatti Marco Giuntelli, di Tonco.
Nel 1931 Marchisio andò vicinissimo al bis consecutivo al Giro. Indossava infatti la maglia rosa (che proprio quell'anno venne istituita come simbolo del primato) allorchè nella terzultima tappa, Genova-Cuneo, incappò in una maledetta foratura che, a causa di una serie di incredibili contrattempi nella riparazione della gomma, gli fece perdere molti minuti. Dovette accontentarsi del terzo posto, alle spalle di altri due piemontesi: Francesco Camusso di Cumiana e Luigi Giacobbe di Bosco Marengo.
Dopo la vittoria nella Barcellona-Madrid del '32 e la partecipazione al Tour de France di quello stesso anno (fu 3° nella tappa di Nizza) cominciò la parabola discendente della sua carriera, che si concluse nel 1936, quando Vigin aveva solo 27 anni, a causa di una grave caduta in gara. Ma la passione per il ciclismo non lo ha mai abbandonato. "Andavamo spesso in bici insieme - ricorda ancora il nipote Marco - su e giù per le colline attorno a Castelnuovo. E lo abbiamo fatto anche il giorno prima della sua morte, causata da un infarto il 3 luglio 1992, quando il nonno aveva 83 anni". Le sue imprese sono ormai lontane nel tempo, ma il nome di Luigi Marchisio, l'unico corridore astigiano che figura nell'albo d'oro del Giro d'Italia, resterà per sempre scritto nella storia del ciclismo.
da La Stampa - edizione di Asti
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