Dopo 7 anni nella massima categoria, sempre alla corte di Bruno e Roberto Reverberi, si chiude la carriera di Enrico Barbin. Il 29enne di Osio Sotto (BG) non ha trovato squadra per il 2020 e, messo il cuore in pace, si sta dando da fare per iniziare un nuovo capitolo della sua vita. Professionista dal 2013, in maglia Bardiani CSF ha colto una vittoria di tappa al Tour de Langkawi nel 2017 e preso parte a corse di prestigio, tra cui quattro edizioni del Giro d’Italia.
«Ormai è un paio di mesi che non mi alleno, a meno di clamorosissime novità, la mia avventura da ciclista professionista finisce qui. Non come speravo e non per mia scelta, ma così è purtroppo dopo la mia stagione peggiore di sempre, a causa di alcuni problemi fisici. Dalla corsa rosa sono stato costretto a ritirarmi per colpa di un virus gastrointestinale di cui non abbiamo capito subito la portata e che è stato difficile da debellare tanto che una ricaduta ha fatto sì che tornassi alle corse solo a fine anno e, comprensibilmente, non con una gran gamba» racconta con sincerità Enrico, che era riuscito a concludere il Giro d’Italia nel 2014, ’17 e ’18.
«Di questi anni mi restano tanti bei ricordi, le esperienze più disparate, i viaggi in posti che mai avrei potuto visitare se non fosse stato grazie alla bici. Mi resta un pizzico di amarezza perché smettere così non è bello, ma non ho nessun rimpianto. 7 anni da professionista sono pochi ma al giorno d’oggi anche tanti, ormai tanti giovani passano per poi restare “al vento” nel giro di 2/3 stagioni. Quando sono passato io c’erano 5 squadre professionistiche in Italia, ora ne sono rimaste 3 con budget e organici sempre più ridotti. Il movimento sta soffrendo, è innegabile, quindi bisogna essere sempre sul pezzo e ottenere risultati in modo costante, se no rischi questa fine. Ci vuole anche fortuna. Detto questo, sono tranquillo e guardo con fiducia al futuro, consapevole che non è facile reinventarsi dopo una vita sui pedali. Ho mandato il mio curriculum ad alcune aziende di bici…» continua Enrico, che in attesa di una risposta si è messo testa bassa sui libri.
«Ho concluso il secondo anno di Scienze Motorie, vorrei restare nell’ambiente delle due ruote, il massimo sarebbe occuparmi dell’aspetto tecnico o della preparazione, per i quali capisco però di dovermi formare come si deve. Intanto con umiltà coglierei anche occasioni di diverso tipo, a stare a casa non sono abituato e non mi piace. Spero a breve di trovare qualcosa…».
Qualunque lavoro andrà a svolgere, il ciclismo gli ha insegnato a stringere i denti e a non mollare di fronte alle difficoltà. «Questo sport ti “sveglia”, mi ha reso autonomo e ha affinato le mie doti relazionali, è uno sport individuale ma allo stesso tempo di squadra per cui saper stare in gruppo è fondamentale. Devo ringraziare tantissime persone che mi hanno permesso di arrivare al professionismo e di restarci fino a ora, chi mi ha aiutato lo sa, non serve fare nomi». Avrebbe voluto regalare loro un finale diverso, ma la vita continua.