Certo il freddo numero può raggelare l’ambiente: tra Roglic e il resto del mondo c’è un abisso. Unico a impiegare meno di 13 minuti, lo sloveno stanga con 19’’ Yates, 23’’ Nibali, 28’’ la coppia Dumoulin-Lopez. Sono entità piccole in sé, ma pesanti se rapportate alla prova e agli equilibri in gioco. Non che stupisca vedere Roglic davanti alla concorrenza: tutti quanti lo danno sempre tra i favoritissimi delle crono. Più che mai in questo periodo, segnato dalle sue vittorie. Ma è il solco tra lui e gli altri a incutere spavento. Gli altri sono tutti lì ammassati, differenze impercettibili e infinitesimali, a parte Jungels e Formolo, se devo citare i più lumaconi.
Realmente: sembra proprio che Roglic sia di un altro pianeta e viaggi in astronave. Guardandoci in Giro, si percepisce già un sottile senso di sgomento. I più pessimisti, nella loro visuale nero notte, sono fortemente tentati di considerare questo primo inizio come una mezza fine. Roglic, Roglic, Roglic. Era il nuovo incubo prima ancora di cominciare, dopo la crono sul San Luca è la nuova ossessione.
Cosa facciamo, smontiamo le transenne e andiamo diretti a Verona per la premiazione, saltando le inutili perdite di tempo? Io, riguardandomi alle spalle, nella mia vita di testimone diretto ho visto un solo corridore capace di mettersi la maglia rosa nella crono di apertura e non spogliarla più fino alla fine. Non un tipo qualunque: Gianni Bugno. Anno 1990. Per dire come siano passati 29 anni senza che nessun altro sia riuscito nell’impresa.
Per cui: bravo Roglic, bravissimo Roglic, ma andiamoci piano con le depressioni. Bologna è solo un bell’inizio, non una fine prematura. La storia è tutta da scrivere. Di certo non abbiamo a che fare con l’ultimo sbarbato capitato qui per caso: Roglic ha 29 anni, è al sesto anno di professionismo, per cui è nella fase più fertile della sua vita. Non è nell’età dello sviluppo, non è acerbo, non è inesperto: è. In tutto e per tutto.
C’è solo un asterisco ancora pendente sulla sua reale caratura: la tenuta a questi livelli per tre settimane. Sotto assedio e sotto stress. E come si legge sul sacro libro dei luoghi comuni, il Giro è lungo. Nel nostro caso, non potrebbe essere più lungo: bisogna correrlo ancora tutto.
E allora vediamo di leggere la prima tappa a cronometro in un modo più allegro. Punto uno, il Giro ha da ora in poi un grande bersaglio mobile, di talento e di levatura, nella personcina di Roglic. Punto due: gli avversari, di talento e di levatura pure loro, non mancano, primo fra tutti proprio il patriarca della nostra spedizione nazionale, Vincenzo Nibali.
La vera verità, che Bologna s’incarica di sottoscrivere in modo notarile? Sarà un Giro bellissimo. Non si può proprio chiedere di più e di meglio. In fondo, è proprio quello che volevamo sentirci dire.
Ps: nota di servizio per la direzione Rai. Bisogna mandare subito un giardiniere con la motosega sul palco telecronaca. C’è una selva di “assolutamente” da disboscare.