
Da una parte gli dedicano strade, piazze e palazzi dello sport in tutta Italia, dall’altra molti suoi cimeli rischiano di finire chissà dove e chissà come. È incredibile come Marco Pantani non riesca ad avere pace neanche a 15 anni dalla sua scomparsa.
L’ultimo guaio è legato alla procedura di commissariamento di Mercatone Uno che ha bloccato i lasciti dello scalatore romagnolo e materiali della squadra donati al presidente Luciano Pezzi e all’omonima fondazione creata dal figlio dopo la sua morte.
Un patrimonio - come facile intuire - che ha grande valore simbolico, storico e culturale più che economico: ci sono due biciclette Bianchi di Marco, le sue maglie Mercatone Uno e altre autografate da campioni del ciclismo, una ventina di coppe e tutto il materiale del Team Mercatone Uno che la Fondazione Luciano Pezzi aveva prestato (in comodato d’uso gratuito) nel 2002 all’allora colosso dell’arredocasa. Tutto era custodito al primo piano del quartier generale di Imola, con l’idea di farne prima o poi un museo digitale: ora, per un cavillo giuridico, il materiale è rimasto in mano ai commissari straordinari che dal 2015 sono al timone del gruppo e ora, venduti gli asset principali a Shernon Holding e Cosmo, stanno chiudendo la procedura di amministrazione straordinaria.
«Quando sono andato dai commissari a chiedere che restituissero il materiale della Fondazione, mi è stato risposto di inserirmi nel passivo come tutti i creditori, perché gli accordi privati che avevamo preso non avevano valore legale - spiega a Il Sole 24 ore Fausto Pezzi, presidente della Fondazione intitolata al padre Luciano, grande amico di Romano Cenni e mentore di Pantani - . A nulla sono valse le testimonianze dei ciclisti di aver regalato maglie, bici e coppe a mio padre e neppure l’appello ci ha dato ragione. Moralmente, però, tutti sanno che quei pezzi unici del ciclismo ci appartengono».
La Fondazione ha anche cercato vie alternative per far uscire i cimeli dal passivo della procedura, proponendo ai commissari di donarli al Comune di Dozza o a Tonina Pantani, la mamma del Pirata che gestisce il museo di Cesenatico a fini di beneficienza, ma per ora non sembrano esserci aperture.
Pochi oggi sanno che dietro alla gigantesca biglia-monumento dedicata all’indimenticabile campione della Romagna lungo l’Autostrada Adriatica sono conservati ancora bici, maglie e coppe il cui destino è tutto da scrivere. «Non poter avere i cimeli di Pantani e della Mercatone Uno e degli ultimi anni di vita e lavoro di mio padre per noi è un dispiacere e un’ingiustizia, ma quello che potevamo fare a livello legale lo abbiamo fatto».
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.