Un allenamento di 210 chilometri attraverso il deserto del Negev, con giusto una breve pausa caffè, a metà strada, sulle rive del Mar Morto. Davide Cimolai si sta preparando così per l’imminente inizio di stagione, nel secondo training camp organizzato sulle strade di casa della sua nuova squadra, la Israel Cycling Academy Cicli De Rosa. La formazione israeliana ha voluto far conoscere il Paese ai nuovi arrivati, e tra questi c’è il corridore di Pordenone, voluto fortemente e accolto a braccia aperte. Reduce da un anno complicato con la Groupama-FDJ, con gli Europei di Glasgow corsi da protagonista in appoggio a Matteo Trentin come unica consolazione, Cimolai è pronto a rilanciare le sue ambizioni in un ritrovato ruolo di leader.
Come è andato l’allenamento in mezzo al deserto?
«Un po’ lungo, ma è andata bene. Uno scenario al quale non sono abituato, molto suggestivo, in particolare il Mar Morto, davvero bello».
Come è nata questa opportunità israeliana?
«Volevo cambiare aria: dopo un buon primo anno, alla FDJ nel 2018 non è andata bene. Non mi hanno dato spiegazioni sul perché non hanno voluto rinnovare e per questo motivo anche i team manager delle altre squadre erano un po’ scettici, portati magari a pensare che io avessi problemi fisici o comportamentali. Ho impiegato molto tempo per firmare un contratto per quest’anno, ma per fortuna il mio agente Manuel Quinziato ha trovato questa ottima soluzione. Il primo impatto, con staff e corridori, è stato ottimo».
Quindi qual è il tuo bilancio del biennio alla FDJ?
«Dal punto di vista personale molto positivo. Mi sono messo a disposizione di un grande capitano come Démare e ho cercato di sfruttare le occasioni che avevo per fare risultato. Il primo anno ho vinto una tappa al Giro di Catalogna, nel 2018 l’unica opportunità che avrei avuto da capitano era il Giro di Romandia. Purtroppo, però, l’allergia ai pollini non mi ha permesso di partecipare e solo all’Europeo ho potuto mettermi in mostra. Avendo la squadra contro, non è stato un 2018 facile».
Passerai da essere apripista di lusso a leader quasi unico.
«Con Démare mi sono trovato spesso ad essere ultimo uomo, ma in quel ruolo il migliore rimane Jacopo Guarnieri. In corse come la Milano-Sanremo, però, sono stato l’unico compagno a rimanergli a fianco. Ora, però, potrò tornare a fare le mie volate…».
La nuova squadra punta moltissimo su di te, sia dal punto di vista dei risultati sia per il fatto che potrai essere un ottimo trascinatore per il movimento israeliano. Senti la pressione?
«No, pressione no. È la prima volta che una squadra mi chiede di fare da chioccia ai più giovani, di dare consigli, ma è una cosa che mi piace. Sono orgoglioso di questo ruolo e spero di poter dare una mano alla squadra nella sua crescita».
Quali corse prevede il tuo calendario?
«Esordirò alla Challenge de Mallorca per poi correre la Vuelta Valenciana. Spero di poter essere già competitivo lì, ma il primo vero obiettivo è il Trofeo Laigueglia, che ho vinto nel 2015, anche se su un percorso più facile. Dopodiché sarò a Larciano, e poi Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo».
Dai già per scontato che sarete invitati alla Tirreno e alla Sanremo?
«Non sono sicuro finché non vedo il comunicato stampa, ma penso che abbiamo delle grosse possibilità di esserci».
Anche al Giro d’Italia?
«Sì, anche al Giro. Finalmente vorrei riuscire a debuttare nella corsa rosa, visto che finora ho sempre disputato il Tour de France».
Hai sempre corso in squadre WorldTour. Ora che sei passato in Professional pensi sia frustrante dover sempre aspettare gli inviti degli organizzatori?
«Un po’ sì, ma dipende da come la si vive. Noi abbiamo la fortuna di avere comunque un calendario gare di assoluto livello. Fino al Giro il nostro programma corse non avrà nulla in meno rispetto a quello di un team WorldTour».
Ci sono tanti velocisti in squadra, come vi gestirete?
«Per le tappe di pianura non avrò problemi a mettermi a disposizione di corridori come Riccardo Minali o Rudy Barbier se ce ne fosse bisogno, l’importante è comportarsi da grande squadra. Se decidiamo di correre tutti per un corridore, così deve essere. Ci vuole onestà e intelligenza; se sapremo gestirci al meglio, essere in tanti sarà un’arma a nostro favore. Personalmente preferisco le corse un po’ più selettive, perché non ho lo spunto dei velocisti puri, ma tengo più di loro in salita».
Obiettivo secco della stagione?
«Alla squadra ho detto che sono qui per correre la stagione migliore della mia carriera. Non so che risultati arriveranno, ma voglio andare a letto alla sera sapendo di aver dato tutto. Poi è chiaro che dovrò vedermela con corridori come Sagan o Van Avermaet, ma un secondo, terzo o quarto posto dopo aver dato il 100% mi può andare bene. Sono pronto a combattere».
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.