È da parecchi anni ormai che personalmente devo fare molta attenzione quando attraverso la strada: capitasse nei paraggi Auro Bulbarelli, mi metterebbe sotto molto volentieri. È il prezzo che pago per aver esercitato tante volte un po’ di critica televisiva, mettendoci anche dell’ironia e del sarcasmo, certo che sì. Ma se considero sacro e inviolabile il mio diritto di scrivere ciò che voglio, almeno altrettanto sacro e inviolabile considero il diritto degli altri di offendersi. Bulbarelli, oggettivamente, ha buone ragioni per detestarmi. Non sono di quelli che prendono in giro la gente e poi pretendono pure che questi bersagli facciano i salti di esultanza, magari che ringrazino pure.
Il vecchio Bulba ora è il nuovo direttore di RaiSport. E io sono qui a rallegramene. Sul serio. Mai stato così serio. Conosco bene quanti rischi - quanti nomi improponibili - abbiamo schivato, in occasione di questa nomina. Bulbarelli, in mezzo a simili rischi, è un quasi lusso. Ha il suo carattere, ha i suoi difetti, ma è un giornalista appassionato. Uno che ancora si diverte – in senso nobile – facendo questo bellissimo mestiere. Magari qualcuno pensa che io sia felice perché lui ama il ciclismo e dunque questa nomina porterà tanti vantaggi, tanti privilegi, tanti occhi di riguardo al mondo della bicicletta. Ma non è così. Proprio per niente. Guai, anzi, se il Bulba cadesse nell’errore di coccolare il suo orticello nativo. Un direttore deve pensare al bene supremo della Rai e dello sport in generale, ancora di più in mezzo a gente che pensa da sempre soltanto ai cavoli propri. Spero vivamente che questa direzione riesca a decidere non in base ad amicizie e inimicizie, simpatie e antipatie, appartenenze e opposizioni. In questo lavoro, soprattutto nel servizio pubblico, non dovrebbero esistere amici. Gli amici sono fuori, nella vita privata, non sul lavoro. Qui devono vincere qualità e competenze, serietà e passione, anche e persino se a incarnarle è il più odioso degli avversari.
Sinceramente non so se il Bulba abbia voglia e fisico per usare questo metro: in Rai è un’impresa titanica. Quello è il mondo dell’egocentrismo e del narcisismo patologici, più ancora che in qualunque altro ambiente della comunicazione, già di suo portatissimo alle vanità personali. In ogni caso, è il vero augurio che gli faccio: riuscirci. Se invece preferirà anche lui adeguarsi al metodo aziendale che ha fatto storia, col quale tutto si fa per calcolo e convenienza, col quale tutto si fa per mille ragioni sottili, fuorchè l’unica ragione plausibile, il bene pubblico, allora anche la sua direzione passerà via come acqua fresca, dimenticata dopo una settimana, come se niente fosse mai successo, come se nessuno fosse mai entrato in quell’ufficio.
So benissimo di chiedergli tantissimo. Ma è la richiesta accorata di un utente molto interessato, peraltro in regola con il canone dalla più tenera età. Lo sport Rai ha troppo bisogno di recuperare terreno in termini di merito, di qualità, di stile, di linguaggio, perché si possa pensare a una direzione di piccolo cabotaggio, messa lì al servizio di qualcuno o di qualcosa.
Provaci sul serio, vecchio DinosAuro. Noi siamo qui a fare il tifo per te. Puoi farcela. Intanto accetta i miei complimenti e i miei auguri personali. Anche se so che per me non cambia niente: quando attraverserò la strada, continuerò a non distrarmi.
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