Lo scorso week end abbiamo avuto il piacere di partecipare alla Pedalata con il Campione di Jesolo e di poter chiacchierare a lungo con Eddy Merckx, l'ospite d'onore della settima edizione. Il corridore più vincente di tutti i tempi, non ha mancato l'appuntamento con i tifosi italiani nonostante non sia ancora al cento per cento dopo il recente intervento al tendine dell'anca. «Fino a lunedì scorso usavo ancora le stampelle, ma sto sempre meglio. Appena possibile tornerò in sella, pedalo di frequente ma solo per piacere. La bici fa stare bene, a tutte le età» ci racconta il fuoriclasse belga, a cui ci siamo permessi di chiedere un po' di tutto.
È di pochi giorni fa l'anniversario del suo record dell'ora a Città del Messico. «Da quel 25 ottobre 1972 sono passati tanti anni, ma è sempre bello ricordare una delle tappe importanti della mia carriera. Al mattino mi ha chiamato Ernesto Colnago, come da tradizione, e poi sono stato alla presentazione del Tour de France. Cosa ricordo? La grandissima fatica di quel giorno, tanto che terminata la prova dissi "mai più"».
Ha vinto praticamente di tutto, comprese 7 Sanremo. I pronostici non avevano ragione d'esistere. «Non è colpa mia. Io mi impegnavo per andare forte, niente di più (sorride, ndr)».
C'è una corsa tra quelle più moderne, che avrebbe voluto correre? Magari la Strade Bianche? «In realtà no. Su strade dissestate correvamo regolarmente, al Giro le strade bianche non mancavano...».
Ha preso parte a una conferenza stampa sulla sicurezza, in cui è stato ricordato Michele Scarponi. «Sì, mi ha fatto piacere conoscere il padre e il fratello. Anche in Belgio il problema degli incidenti stradali che coinvolgono chi va in bici è una questione urgente che va affrontata quanto prima. Le ciclabili sono troppo poche, pedalare da soli è rischioso, meglio uscire in gruppo. Dobbiamo prendere esempio da paesi come l'Olanda che hanno investito sulla ciclabilità e promuovere una cultura del rispetto tra tutti gli utenti della strada».
Ha da sempre un forte legame con l'Italia. «Sono legato al vostro paese perchè è sulle vostre strade che mi sono tolto le mie prime soddisfazioni e ho raggiunto tanti traguardi importanti come la Sanremo. Ho corso 9 anni per squadre italiane, lo ricordo come un bellissimo periodo».
Le piace la nostra cucina? «Certo. Gli unici piatti che non fanno per me sono gli gnocchi e la polenta. Per il resto sono una buona forchetta, anche se non amo esagerare a tavola».
Cosa mangiava quando correva? «Prima di una Saremo alle 6 del mattino mangiavo una colazione "normale" e poi del riso più una bistecca. Non era facile mandare giù tutto, una bottiglia di Coca Cola aiutava. A pranzo eravamo in bici quindi dovevamo accontentarci di alcuni panini. A cena, nelle corse a tappe, mangiavamo un po' di verdura come antipasto, della minestra, della carne o del pesce».
Dai suoi tempi il ciclismo è cambiato moltissimo. «Sì, oramai non ci si ferma mai. I corridori stanno ancora correndo in alcune parti del mondo e c'è chi già sta preparando le classiche, poi arrivano i grandi giri, i mondiali e si riparte da capo. Quando correvo io non era nè meglio nè peggio, semplicemente era diverso. Ogni era ha le sue caratteristiche».
Cosa pensa del giovanissimo Remco Evenepoel, talento emergente che hanno soprannominato "il nuovo Cannibale", paragonandolo a lei? «Sicuramente ha delle qualità indiscusse, lo ha dimostrato anche ai recenti mondiali di Innsbruck. Ha dominato sia la cronometro che la prova in linea degli juniores, ma per arrivare a quanto ho fatto io la strada è ancora lunga. Molto lunga».
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