Sono mongolfiere colorate, dirigibili iridescenti. Sono palloni gonfiati, sfere magiche. Sono creature aeronautiche, fragili e leggere come sogni. Sono ruote rotonde e volanti, o forse satelliti sottili e bagnati, o forse gocce gigantesche o lacrime colossali. Forse le bolle di sapone sono davvero le lacrime di un clown.
A Ferrara, durante il recente Festival del ciclista lento, c’era anche la bicicletta delle bolle di sapone. E il suo signore. Si chiama Agide Cervi, viene da Poviglio, una ventina di chilometri a nord di Reggio Emilia, era un insegnante di educazione fisica, da 18 anni è in pensione, da un anno creatore di bolle di sapone. Sulla sua bici pieghevole e accessoriata, Cervi - rigorosamente in giallo, “un colore apolitico”, spiega convinto - portava i ferri (e le plastiche) del mestiere: contenitori (di acqua e sapone), bastoni e pettini, altri strumenti capaci di modellare, soffiandoci dentro, pellicole luminose e variopinte, piccole come baci ma anche grandi come abbracci.
L’effetto, il successo, il fascino è garantito. Perché le bolle di sapone incantano i bambini, ma ammaliano i grandi. Perché c’è chi tende, soprattutto i bambini, a bucarle, e c’è chi prova, soprattutto i grandi, a salvarle. Perché c’è chi, come Pierre Simon Laplace (tra Sette e Ottocento), le ha studiate, c’è chi, come Edouard Manet (nel 1867, preimpressionismo), le ha dipinte, e c’è chi, come Gianni Rodari, le ha raccontate (“Alice Cascherina faceva le bolle di sapone. A un tratto, forse soffiò troppo forte: fece una bolla più grossa delle altre e ci cadde dentro con tutta la cannuccia…”, dagli anni Sessanta). E tutti, ma proprio tutti, le hanno osservate. Dedicando più tempo di quello previsto e meno tempo di quello meritato. Perché non si finirebbe mai di ammirare, stupiti, sorpresi, ammaliati, quel vulnerabile equilibrio volatile.
Cervi è un veterano di piccole magie. Per dirne una, due volte è arrivato primo (e due volte anche secondo) nel Carnevale dei fantaveicoli a Imola, con straordinarie invenzioni legate ai cassonetti differenziati, alle giostrine e ai lunapark. Fra l’altro, è anche il primo collezionista al mondo di pagliacci con il naso rosso: ne ha più di cinquemila. Non c’è da stupirsi se, da giovane (era nella Compagnia atleti dell’aeronautica militare a Vigna di Valle), la sua specialità fosse il salto con l’asta. Finché un giorno saltò e ricadde, ma non sul tappeto. Glielo avevano spostato. Fine della carriera sportiva.
Ma c’è, appunto, anche la carriera artistica. Così al Festival del ciclista lento (a proposito, Cervi ha quattro bici, buone per tutti gli usi e gli spettacoli), le sue opere d’aria e d’arte sono state ammiratissime. “Il signore delle bolle”, lo chiamavano, rapiti, i bambini.
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