Cannibale, dominatore, fenomenale, ormai non ci sono più aggettivi per descrivere Tadej Pogacar o forse nemmeno esistono per parare con esattezza del fuoriclasse sloveno. Se già aveva fatto la storia vincendo Giro, Tour e mondiale nello stesso anno (l’ultimo a riuscirci era stato Stephen Roche nel 1987), oggi ha aggiunto un pezzo ulteriore ad una carriera che è già una leggenda. E’ il quarto Lombardia consecutivo per Pogacar, l’unico ad essere riuscito in questa impresa era stato Fausto Coppi esattamente settantacinque anni fa, suona strano fare i paragoni, ma ora è quanto mai necessario. A Como ad applaudire lo sloveno, neanche farlo a apposta, c’era il figlio del campionissimo quasi a voler rappresentare quel filo rosso che ormai unisce i due fuoriclasse «Questo ragazzo mi piace, mi piace la sua grinta e come corre» ci aveva confidato Faustino a proposito di Tadej; una manciata di minuti dopo il campione del mondo aveva iniziato la sua cavalcata solitaria accolto dal tripudio generale.
Alla partenza di Bergamo era il più atteso, il più applaudito da un pubblico che al suo passaggio è andato letteralmente in visibilio. D’altronde Tadej appassiona, emoziona e di certo non scontenta mai tutti quei tifosi che lo attendono trepidanti al traguardo. Le ultime sue tre vittorie stagionali sembrano una fotocopia l’una dell’altra, sempre solo all’arrivo dopo delle lunghissime cavalcate in solitaria, oggi i chilometri mancanti sono stati “solo 48”, Il campione del mondo è partito in salita, un solo scatto che ha messo in croce tutti quanti.
«Oggi mi sono davvero divertito e ho cercato di godermi tutti i chilometri di corsa, soprattutto quelli finali; la squadra ha fatto un lavoro super, i miei compagni sono stati praticamente perfetti nel fare il ritmo e nel traghettarmi nelle migliori posizioni. Il piano era di fare la corsa su di me, ma sono contento che anche Sivakov sia riuscito a fare la sua corsa concludendo in sesta posizione - spiega Pogacar – è stato bellissimo vedere così tanti tifosi a bordo strada, tanti adulti e tanti bambini urlavano il mio nome appena mi vedevano. Sull’ultima salita quando sono riuscito ad avere un buon margine di vantaggio e a godermi tutto questo, è stato bellissimo. E poi già che c’ero sotto il traguardo ho alzato la bici al cielo: ho finito la stagione nello stesso modo in cui l’ho iniziata e poi diciamocelo: volevo una bella foto ricordo».
Ciò che impressiona di Tadej Pogacar non è solo il numero di vittorie, ma la costanza del suo rendimento per tutto il 2024. Se prendiamo la sua stagione e teniamo conto di tutte le gare a cui ha preso parte non è mai uscito dalla settima posizione, un risultato che farebbe andare fuori di testa qualsiasi esperto di statistiche e compagnia bella. Quale è il segreto? Ormai è impossibile non chiederselo e forse lo sloveno dopo un po’ ci ha anche preso gusto nel rispondere con il sorriso.
«Spesso mi chiedono come faccio a vincere, ma in realtà non lo so, non conosco il mio segreto e anzi non credo proprio di averne uno. Alla base di tutto c’è una combinazione tra allenamento e tanta motivazione, alle mie spalle ho una squadra forte che mi ha permesso di condurre una stagione serena e senza alcuna difficoltà. Ho impostato bene la stagione con i giusti obiettivi, ma anche con i giusti periodi di riposo; i momenti cruciali sono stati quelli tra il giro e il tour e quello dopo la Gran Boucle. Credo che non aver corso le Olimpiadi sia stata a scelta giusta perché mi ha dato modo di rifiatare e di concentrarmi sugli appuntamenti di fine stagione a cui molti dei miei avversari si sono presentati un po’ affaticati» ha detto Pogacar spiegando come la rinuncia alle olimpiadi sia stata fondamentale per riprendere un po’ di energie. Il forfait dello sloveno ai giochi olimpici aveva generato non poche perplessità ed ora giunti a fine stagione e a fine di tutto viene da chiedersi che cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente.
La gente stravede per lui ed è diventato quel campione di cui tutti avevano bisogno. «E’ stato un anno intenso, tutte le vittorie hanno un qualcosa di speciale, ma la più bella di tutti è sicuramente quella del mondiale. In questa stagione sono successe tante cose e mi servirà ancora un po’ di tempo per elaborare bene il tutto, sicuramente in vacanza avrò più tempo per prendere coscienza di quello che ho fatto, ma anche di ricaricare le energie. Nella mia vita non c’è solo la bicicletta e le vittorie, oltre a questo c’è molto altro, c’è la mia famiglia, i miei amici, è a tutto questo che ora voglio dedicarmi. Poi penserò alla prossima stagione, ai prossimi obiettivi, ma solo dopo aver resettato tutto» dice Tadej con il sorriso e mostrando ancora una volta quell’incredibile umanità non solo di un campione, ma di un ragazzo innamorato del ciclismo e che mette il cuore in tutto quello che fa.
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