Come Tuttobiciweb racconta da due giorni, minuto per minuto, è un delirio annunciato. Lo sanno tutti che mettere certe altitudini a maggio comporta seri rischi. E lo sanno tutti che a Livigno, per il secondo tappone, è annunciato meteo invernale. Eppure.
Eppure il Giro ricade come un pollo, poveraccio lui che non c'entra nulla, dentro al calderone del caos e dell'improvvisazione. E' una commedia all'italiana che conosciamo già a memoria, ogni anno la stessa trama e gli stessi attori, ma non c'è verso di evitarla. E dire che questa indimenticabile (dimenticabilissima) giornata si era aperta alla vigilia con le dichiarazioni roboanti del grande capo Paolo Bellino (voto 3), sentito pronunciare in sala stampa nel giorno di riposo queste solenni parole: “Finchè ci sono io, mai più giornate come l'anno scorso a Crans Montana. A costo di arrivare a Roma in dieci...”.
Appunto. Arriva l'alba, arriva il raduno, e la luce rivela lo stesso presepe surreale. Si parte, no non si parte, si parte ma non da qui. Riunioni, consultazioni, trattative. A un certo punto tutti concordano sul fatto che fare lo Stelvio, deviando verso il Passo Umbrail, non è possibile. Si passa dal tunnel svizzero. Sì, però ripartiamo da Prato allo Stelvio. Va bene, facciamo così, è un aborto di tappone, è un tappino insulso, però salviamo il salvabile.
C'è l'accordo tra il sindacato dei corridori (delegato mondiale Adam Hansen, voto 1) e l'organizzazione per salvare l'incasso di Livigno: i corridori sfileranno per le vie del paese, quindi più avanti saliranno su pullman e ammiraglie per ripartire davvero a Prato. Si annuncia su comunicato ufficiale dai toni compiaciuti, tipo Trattato di Campoformio, che la conclusione della trattativa è sigillata con “una stretta di mano” (ah ah, buona questa, la migliore di giornata).
Infatti. Al momento di sfilare per Livigno, consentendo agli organizzatori (voto 2) di onorare il contratto e riscuotere il dovuto, i corridori non si presentano. Si barricano in auto e col cavolo che vanno a bagnarsi scopo selfie.
Subito toni indignati: i corridori hanno disatteso l'accordo, i corridori hanno tradito il loro stesso sindacalista. Resta inteso però che stavolta ai corridori nessuno riesce a dare torto, perchè gelarsi scopo defilé propagandistico, per poi risalire in macchina, è sostanzialmente una cretinata solenne. E l'accordo? Se la vedano quelli che l'hanno siglato. Improvvisamente, Hansen risulta rappresentativo quanto un Renzi qualunque.
Intanto, il caos prosegue. Noi di Tuttobiciweb, andati avanti per dare un'occhiata dal vivo alla situazione, veniamo bloccati ai piedi dello Stelvio, con tanto di sbarra per traverso. Dietro, una lunga teoria di mezzi. E' il momento di gloria di una vigilessa locale e dei carabinieri di leva, concordi nel rispondere sempre allo stesso modo: “Sono gli ordini, bisogna chiudere, problemi di sicurezza”. A nulla serve chiedere come mai cinque minuti prima abbiano fatto salire da lì l'intera carovana pubblicitaria: o sono criminali assassini, o la situazione è ormai allo svacco totale.
L'organizzazione non ne sa nulla, l'avvertiamo noi: come hanno chiuso, ma no, aspettate un attimo, adesso vediamo. Emerge l'Italia e l'Italia del Giro purtroppo dominanti, negli ultimi anni: nessun coordinamento, la mano sinistra non sa cosa fa la destra, tutti giocano allo scaricabarile, e la vigilessa si ritrova in mano il destino della corsa.
Non è un problema per noi: mentre i corridori passano dalla Svizzera e vanno alla partenza di Prato allo Stelvio, anzi no, a un certo punto un comunicato annuncia la partenza da Lasa (nessuno sa dove sia, febbrili ricerche su Google Maps), mentre impazza il si salvi chi può, noi dobbiamo fare retromarcia e raggiungere Santa Cristina attraverso un simpatico itinerario improvvisato, Aprica-Tonale-ValdiNon, Trento, eccetera). Problemi nostri, se i giornalisti soffrono qui sono solo contenti. E ce li grattiamo senza frignare.
Piuttosto e purtroppo, resta in piedi il delirio di una giornata penosa (voto 0), clamorosamente penosa. Il problema serio, vero, rispettabile del maltempo risulta ancora una volta gestito nel solito modo, tra carlona e viva il parroco. Su tutto, troneggia l'unico commento che a me sembra serio e logico, enunciato da un Petacchi finalmente opinionista vero (voto 10): “Quando si scelgono certe tappe in maggio, bisogna pensare subito anche al percorso B. Non ha senso improvvisare ogni volta...”.
Anche su questa giornata fetente, comunque, cala la sera. Come su tutte le giornate di questo mondo, quelle belle e quelle brutte. Alla fine, a me resta una sola consolazione: per fortuna, togli o aggiungi, taglia e cuci, in questo Giro non cambia niente. Pogacar l'ha già talmente stravinto da annullare qualsiasi effetto deleterio. E' troppo forte. Più forte anche degli impiastri.