Le ombre della sera cominciano a calare, il velodrono André Petrieux è praticamente deserto quando arriva «l'ultimo uomo». Ad attenderlo, praticamente ci sono solo quelli della sua squadra, la Q36.5. Lui è Cyrus Monk, australiano, classe 1996 che stamattina alla partenza da Compiègne aveva una sola cosa in mente: finire la sua prima Roubaix.
Ha forato nel primo tratto di pavé, quando al traguardo mancavano 160 chiilometri: li ha fatti da solo, remando, soffrendo, imprecando, inseguendo, sfinendosi su quella bicicletta. E non ha mollato nemmeno quando gli hanno detto che era fuori tempo massimo, quando le strade ormai si erano svuotate e i tIfosi avevano fatto armi e bagagli, appagati dallo spettacolo.
Quasi un'ora dopo Mathieu Van der Poel, Cyrus Monk ce l'ha fatta. Eroe assoluto, l'ha definito la sua squadra. Noi lo applaudiamo e siamo sicuri di una cosa: il prossimo anno, Cyrus tornerà qui.
«Penso che la Parigi-Roubaix sia The Hunger Games. Tutti a casa vogliono solo vederci soffrire. Ogni settore è come un cannone che esplode un colpo e qualcuno viene ucciso. Per me quello era il primo settore e dopo c'erano altri 28 settori dell'inferno».