Centrotrenta anni dalla nascita. Cento dalla prima vittoria al Tour de France (e novantanove dalla seconda). E tre giorni dalla inaugurazione del museo a lui dedicato.
Sabato 3 febbraio, alle 15, all’antica Mola in via Fratelli Tandura nella sua San Martino di Colle Umberto (Treviso), la Pro Loco di Colle Umberto apre il Museo Ottavio Bottecchia, il primo spazio espositivo interamente riservato al campione che, primo nella storia, conquistò due Tour consecutivi. Un progetto cominciato un paio di anni fa e inseguito con tenacia, passione, sentimento. “Tutto è partito – racconta Tiziana Gottardi, presidente della Pro Loco - chiedendo a tre pronipoti di Ottavio Bottecchia la loro collaborazione per dare risalto alle gesta del loro antenato, raccogliendo da loro storie, aneddoti e oggetti della vita del campione. I pronipoti Franco e Domenico Bottecchia e Renato Zarpellon hanno risposto con generosità. Abbiamo quindi scelto con cura gli oggetti per il museo, così da dare una completezza espositiva a chi verrà a visitarlo. Ci sarà una sezione multimediale, ma tutto il resto è materiale originale che racconta la storia di questo grande uomo. Ci sono pezzi identificativi, come ciò che Bottecchia usava per correre, materiale fotografico e stampe, tutti oggetti gelosamente custoditi dai pronipoti fino ad oggi e che per la prima volta vengono esposti al pubblico. Se c’è il rammarico di non disporre della bici di Bottecchia, a suo tempo consegnata al Museo del ciclismo di Portobuffolè, il fatto di aver ricevuto dai pronipoti tanti oggetti ci permetterà comunque di fare un allestimento a rotazione, così da offrire al visitatore nuovi spunti nel tempo”.
Bottecchia – la sua divina umana commedia è stata raccontata, sopra tutti, da Claudio Gregori in “Il corno di Orlando” (66thand2nd, del 2017) -, che i francesi pronunciavano Botescià. Bottecchia, che a Parigi era arrivato in treno, con una valigia di cartone e un manubrio, e il berretto da corridore di sghimbescio. Bottecchia, che al Tour de France era stato inserito al posto di Brunero in una squadra francese.
Bottecchia, che quelli dell’Automoto accolsero con freddezza e diffidenza, sospirando “faremo tardi, la sera, ad aspettarlo”. Bottecchia, che tre volte fu catturato e tre volte fuggì lo stesso giorno della cattura, una volta chiedendo il permesso di spostare la mitragliatrice, che pesava 92 chili, da una spalla all’altra, approfittando del movimento e precipitando in un burrone di una decina di metri. Bottecchia, che quando rientrò nei ranghi, gli domandarono perché si fosse trascinato la mitragliatrice e lui rispose che non era sua, ma del governo. Bottecchia, che baciò una tifosa mentre pedalava. Bottecchia, che correva solo contro tutti, anche contro i suoi compagni di squadra, tant’è che fu fatto fuori per una “borraccia intelligente”, cioè avvelenata. Bottecchia, che godette di una sottoscrizione – di una lira ciascuna – lanciata dalla Gazzetta dello Sport e il primo firmatario fu Benito Mussolini. Bottecchia, che morì in circostanze misteriose, una dozzina di ipotesi, dal giro delle scommesse a un attentato dei fascisti, da un regolamento di conti per furto di uva o ciliegie o fichi fioroni a un regolamento di conti per questioni amorose.
Non è un caso che il Museo Ottavio Bottecchia sia stato allestito dai volontari della Pro Loco nell’antica mola, un piccolo mulino con maglio e fucina. “Una scelta eroica e romantica come il ciclismo che lui correva – sottolinea la presidente Gottardi -. L’immobile si trova nella frazione in cui Bottecchia era nato ed è anche legato alla sua famiglia, perché qui sia suo nonno sia suo papà vi hanno lavorato, e qui veniva forgiato il ferro, e qui, in questi campi, i Bottecchia lavoravano prima come contadini e poi come carrettieri”.
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