Allora, tutto era diverso. Eppure sono passati solo vent’anni…. Era il 2004 quando l’Uci varava il Pro Tour, sulle cui ceneri è nato l’attuale WorldTour. Quell’anno le formazioni le squadre ammesse alla categoria WorldTeam erano 30, sei delle quali italiane. Gran parte di quei 30 team erano a carattere nazionale, basta scorrere gli archivi e “contare le bandierine”: i corridori italiani nella massima categoria erano 110, 83 inseriti nelle formazioni nazionali e 27 “emigranti”. Quest’anno i corridori italiani nei team di massima divisione, il cui numero nel frattempo si è assestato a 18, sono stati 55, esattamente la metà di 20 anni fa, e tutto lascia pensare che possano calare ancora nella prossima stagione.
Ha fatto sensazione ieri l’annuncio dell’attribuzione dei posti per i Giochi Olimpici di Parigi 2024 con l’Italia maschile che avrà 3 corridori al via della prova in linea (le donne, invece saranno 4), ma più di quel numero, sono altri quelli che fanno riflettere.
La mondializzazione del ciclismo ha colto impreparato il nostro movimento che non riesce più ad emergere né nelle grandi corse a tappe né nelle classiche monumento. L’ultimo grande giro lo ha vinto nel 2016 Vincenzo Nibali conquistando la sua seconda maglia rosa, l’ultimo monumento lo ha firmato Sonny Colbrelli nel 2021 con l’impresa della Roubaix. Prima di lui il Fiandre nel 2019 con Bettiol e ancora i due Lombardia e la Sanremo di Nibali nell'ultimo decennio. La Liegi, che è sempre stata considerata la corsa degli italiani, ci manca dal 2007 (la vinse Di Luca), il mondiale dei professionisti ci sfugge dal 2008, Ballan a Varese. E sempre in tema di digiuno, al Tour de France non vinciamo da 85 tappe, dall’ultimo sigillo d Nibali (sempre lui) a Val Thorens nel 2019. È vero che la Spagna ha spezzato quest’anno un digiuno che durava 100 tappe, però…
E non possiamo addossare tutte le colpe al fatto che non abbiamo una squadra WorldTour dal 2016: la Spagna, che ha la Movistar; e soprattutto l’Olanda, che ha la formazione numero 2 del mondo proprietaria anche di un vivaio ricchissimo, ai Giochi Olimpici di Parigi avranno gli stessi corridori che ha l’Italia, tre. Meglio di noi, ovvero con un uomo in più, ci sono le prime cinque nazioni del mondo: Belgio, Danimarca, Slovenia, Gran Bretagna e Francia. Tra loro, Slovenia e Danimarca non hanno un team WorldTour e la Gran Bretagna soffre con una Ineos sì ricca ma incapace negli ultimi anni di tornare ai livelli che le erano abituali. Belgio e Francia sorridono ma… non è sempre festa nemmeno per loro: i primi hanno dovuto attendere dal 1976 al 2022 per rivedere un loro corridore, Evenepoel alla Vuelta, conquistare un grande giro mentre i secondi aspettano dal 1985 l’erede di Bernard Hinault che possa regalare loro il Tour de France.
Ma torniamo all’Italia. Quest’anno i ciclisti azzurri hanno colto tredici vittorie nel WorldTour, tutte tappe, nessuna classifica finale e nessuna corsa in linea. A gennaio Bettoil ha vinto il prologo del Down Under, Ganna ha vinto le crono della Trreno-Adriatico e della Vuelta España, Dainese ha firmato una volata al Giro e una alla Vuelta, Milan una tappa al Giro e una a Guangxi, Ciccone ha colto un successo al Catalunya e uno al Delfinato oltre alla maglia a pois del Tour de France, Zana ha vinto la sua prima tappa al Giro d’Italia, Viviani si è imposto in una tappa a Guangxi, Davide Bais (unico corridore italiano di un ProTeam a centrare il successo nel WT) ha conquistato una tappa al Giro e Cattaneo una al Giro di Polonia.
Il nostro movimento oggi si articola su tre squadre - la Eolo Kometa, la Green Project Bardiani CSF Faizané e il Team Corratec Selle Italia - che hanno progetti interessanti variamente articolati, che lavorano tutte con il mondo giovanile e fanno crescere i corridori. Il problema - un altro problema - è che i colossi del WorldTour hanno investito sulle formazioni Devo (contrazione di Development) e stanno girando il mondo alla ricerca di talenti, pescano ovunque, anche in Italia. In questo 2023 abbiamo avuto Lorenzo Ursella alla DSM, Dario Igor Belletta e Pietro Mattio alla Jumbo Visma, Luca Vergallito alla Alpecin, Francesco Busatto e Alessio Delle Vedove alla Intermarché (la Devo si chiama Circus ReUz), Michele Gazzoli, Davide Toneatti e Simone Zanini alla Astana e questo dopo che - solo per limitarci agli ultimi nomi - corridori come Milesi (campione del mondo della crono Under 23 e prima maglia rossa della Vuelta) e Germani (tricolore tra gli Under 23 nel 2022), sono approdati tra i prof dopo essere cresciuti in team stranieri.
Non può certo essere un articolo a riassumere tutti i problemi del ciclismo italiano, ma può contribuire a fornire qualche spunto di riflessione. E speriamo di averlo fatto.