Il Trentino è stato, soprattutto a partire dalla dinastia dei Moser con il “vecio” Aldo quale capostipite, terra assai prodiga per il ciclismo. E il ciclismo pedalato “in famiglia” è qui stato praticato, a livello professionistico, anche dai fratelli Fondriest di Cles, Val di Non, con il notissimo e prestigioso palmarès di Maurizio e quello, un po’ più scarno in verità (praticamente bianco, immacolato), del fratello maggiore Francesco, pure lui professionista per un breve arco di tempo, non molto votato però ai sacrifici richiesti dalla professione. Qualcuno ricorda che il “birichino” Francesco, fu pure squalificato nel circuito di Nanno – assai impegnativo in verità – promosso dall’appassionato Gian Marco Brentari con la regia di Nino Recalcati. Motivo? “traino prolungato”. E il papà, Cornelio, era pure giudice di gara FCI. Il fedele, taciturno, barbuto direttore sportivo, “Franz, per tutti, al secolo Francesco Rensi, buon velocista in gioventù, guidava lo scooter negli impegnativi allenamenti per Maurizio ma Francesco, per contro, preferiva staccarsi assai presto.
Ora, in pista, meglio in strada, insieme ad altri validi corridori “singoli”, ci sono fra i corridori trentini di famiglia, i fratelli Bais, nati a Rovereto, nella pianura della Vallagarina, per il ciclismo “famigliare” trentino. Abitano nella vicina Nogaredo, borgo della destra Adige, terra di vini pregevoli e con costruzioni di rilievo architettonico e stoico.
I lineamenti anagrafici riferiscono, in cronologico, che Mattia Bais, il più “anziano”, è nato nell’ottobre del 1996 mentre Davide, il più giovane, nel 1998, ad aprile. Un anno e mezzo circa di differenza d’età e, nelle categorie giovanili, hanno un percorso pressoché uguale gareggiando, sostenuti anche dal padre Renato (e pure da mamma Lorenza), appassionati delle due ruote, titolari di un’attività di ristrutturazioni edili di vario tipo. E i due fratelli non disdegnano, anzi…, di dare una mano fattiva all’attività di famiglia, senza problemi, con competenza e tanta buona volontà.
Mattia ha gareggiato fra i giovanissimi con la Ciclistica Mori, frequentando assiduamente la vicina pista, poi con la Forti e Veloci di Trento e, successivamente, con la nota U.S. Montecorona di Palù di Giovo, squadra con il factotum Nino Marconi e palestra giovanile sempre attuale, per tutti i Moser o collegati alla famiglia d’ogni epoca e di Gilberto Simoni, altra eccellenza di Palù di Giovo. Giunge il passaggio fra gli under 23 alla Event Soulimit di Breganze. L’anno seguente, e fino al 2019, Mattia veste la maglia del Cycling Team Friuli, prolifico vivaio e risorsa del ciclismo italiano con alla testa il competente Roberto Bressan. E già in questo periodo è soprannominato “la freccia di Nogaredo”.
I buoni risultati di specifico rilievo conseguiti in gare importanti lo portano al passaggio fra i professionisti alla Androni Giocattoli-Sidermec di Gianni Savio nel 2019, dapprima come “stagista” e poi confermato dal 2020. E si mette in notevole evidenza nella classicissima Milano-Sanremo, in edizione “estiva” a causa della pandemia covid, lungo un percorso inedito che aveva abbondonato gran parte della costa ligure per raggiungerla solo ad Imperia, dopo il Col di Nava, firmando una lunga fuga. E la fuga è ben presto la sua peculiare connotazione ciclistica, ribadita e valorizzata anche con suo primato nella speciale classifica dei chilometri passati i n fuga – 458 per la precisione - al Giro d’Italia d’autunno dell’anno 2020. Anche l’anno seguente, il 2021, Mattia gareggia con la Androni e pure nel 2022, nella squadra trasformatasi in Drone Hopper, la prosecuzione dell’Androni-Sidermec., non troppo fortunata in verità anche e soprattutto per seri problemi finanziari dello sponsor. Nel 2023 passa alla Eolo-Kometa e proprio nei giorni scorsi, così come il fratelllo, ha firmato un rinnovo biennale con il team di Basso e Contador.
Il “fratellino” Davide intanto ha pure lui coronato il suo sogno di gareggiare fra i professionisti dopo una valida militanza giovanile seguendo, quasi passo passo, le orme del fratello e dal 2021 è pure lui inquadrato nella Eolo-Kometa di Ivan Basso. Ha accentuate caratteristiche di scalatore e, così come il fratello, è quello che i francesi definiscono un “battant”, corridore battagliero che non ha paura della fatica. Un tratto distintivo di famiglia condiviso con il fratello Mattia e che già quest’anno, al secondo anno da professionista avendo esordito quale stagista nel 2021, nella medesima squadra, gli ha consentito di raggiungere ben presto un suo sogno: la vittoria di una tappa del Giro d’Italia imponendosi quest’anno a Campo Imperatore, sulle pendici del Gran Sasso d’Italia. È stata una tappa criticata per il flebile impegno rimproverato nella circostanza ai big ma, comunque, Davide è giunto in solitaria al traguardo precedendo i compagni di fuga Vacek e Petilli accumulando quel giorno, oltre 200 chilometri di fuga.
La vittoria in una tappa della corsa rosa rientra, esplicitamente, pure fra gli obiettivi di Mattia che, in questa gara, è stato battuto dal fratello minore. Nessuna invidia però in quanto, fra i due fratelli la rivalità in pratica non esiste, sostenendosi ovviamente a vicenda, in linea con le indicazioni tecnico-tattiche impartire dai direttori sportivi.
E se c’è da “menare” a tutta, già dal via, per entrambi no problem, anzi… Due corridori all’antica che rifuggono da pose di protagonismo, in ogni settore, sempre pronti a rimboccarsi le maniche, e non solo metaforicamente. E la loro ancora giovane età prospetta una carriera pedalata ancora lunga e foriera di legittime speranze per rimpinguare il “palmarès”. La volontà, la determinazione, l’assoluta non paura della fatica e dell’impegno richiesti dal “mestiere” che è pure la loro passione comune, sono elementi che depongono in favore del realizzarsi delle loro aspirazioni sui pedali.
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