In questo trittico inaugurale della Vuelta a España, piaccia o meno (grossa personalità e grande talento spesso sono divisivi) Remco Evenepoel ci ha messo la faccia. L'ha messa davanti alle luci delle telecamere sotto il buio di Barcellona, quando si è fatto portavoce universale di sacrosante critiche all'organizzazione. L'ha messa, in maniera più discutibile, in testa al gruppo nell'entroterra catalano, quando si è unito ai colleghi della Jumbo Visma nel "chiedere" di rallentare a chi legittimamente inseguiva. Ce l'ha messa ieri ad Andorra: volentieri sulla linea del traguardo, molto meno volentieri sull'asfalto pochi istanti dopo, e non sappiamo quanto volentieri, ma di sicuro con schiettezza, ai numerosi microfoni internazionali a cui ha parlato nelle ore successive.
Venuto in Spagna per bissare il trionfo dell'anno scorso, il giovane campione belga si è già vestito di rosso al terzo giorno con uno sprint di alta quota e classe: il diciassettesimo giorno in roja della sua carriera. «Sono felice di aver vinto in questo modo dopo una salita dura, è sintomo del mio ottimo stato di forma - ha commentato Remco col simbolo del primato indosso e, per fortuna, danni solo lievi (qualche punto di sutura vicino al sopracciglio destro) dopo l'incidente d'arrivo -. I miei compagni della Soudal QuickStep sono stati perfetti, anche nel risparmiare le energie, e meritano ogni elogio. Io ho fiducia in loro e loro in me, ed eccoci qua vittoriosi a inizio corsa.»
Questo il suo retroscena della vittoria andorrana: «Grazie alla ricognizione di qualche settimana fa conoscevo bene la curva stretta ai -150 metri: penso che ciò abbia fatto la differenza, oltre al fatto che in mattinata mi avevano avvisato che poi avrei avuto il vento a favore sul rettilineo. Quando sono scattato e ho visto che avevo qualche metro di vantaggio, ho continuato a spingere e ho conquistato un successo che mi ha ricordato quello che ho centrato alla Molina nella Volta Catalunya: lì fu su Roglic, oggi su Vingegaard. Non era assolutamente nei nostri piani prenderci la leadership generale così presto: onestamente speravamo che la fuga arrivasse in fondo e abbiamo lasciato altri team a tirare, con il solo Serry a controllare la situazione di tanto in tanto. Il forte vento contrario però non ha aiutato i fuggitivi e alla fine ci siamo portati molto vicini a loro. Sulla scalata conclusiva allora ci siamo messe nelle prime posizioni, e quando abbiamo ripreso Caruso e Kämna, Klaas Lodewyck dall'ammiraglia ci ha detto di puntare alla vittoria: quando le cose si mettono così, non mi tiro mai indietro.»
Non si è tirato indietro neppure nell'ammettere che avere la responsabilità della gara per tre settimane non lo entusiasma, e che potrebbe imitare quanto fatto da altri ad esempio al Giro d'Italia di quest'anno: «Non so quando ci potremo provare, sarà da vedere di volta in volta, ma se ci sarà la possibilità darò via temporaneamente la maglia di leader. Ovviamente a un corridore non troppo competitivo per la classifica.»
Immancabile, infine, la sua versione del "fattaccio" in coda alla tappa: «Non c'era abbastanza spazio di decelerazione, neanche una cinquantina di metri, così mi sono ritrovato in mezzo a telecamere e staff vari... Mi auguro che la donna che ho urtato stia bene. Forse gli organizzatori non si aspettavano che ci sarebbe stato un tale sprint, fatto sta che ogni giorno c'è un problema di sicurezza e mi sto un po' rompendo le palle!»
Comunque Evenepoel ha trovato il modo di cavarsela con umorismo: «Ora ho qualche grammo di pelle in meno, è un piccolo aiuto per le prossime salite.»