La tappa del Giro d’Italia che partirà da Seregno domenica 21 maggio sarà l’omaggio sincero ad uno sport popolarissimo in Brianza, terra innamorata della bicicletta. Sarà l'occasione per rendere onore a tutti gli ex professionisti che con le loro imprese hanno scritto la storia ciclistica di Seregno correndo più volte da protagonisti la Corsa Rosa.
Dal più noto Giacinto Santambrogio a Serafino Santambrogio, da Massimo Santambrogio (nessuna parentela fra i tre) a Giuseppe Citterio per finire con Renato Cornalea. Il Giro a Seregno ripercorre un pò lo svolgimento della loro carriera ciclistica, ma in più ravviva i ricordi di chi ha potuto seguire la loro carriera in "presa diretta".
L’ultima volta che la carovana del Giro è partita da Seregno era il 1960: il via venne dato dall'azienda Italsilva in via Monte Santo per raggiungere via Montello, via Circonvallazione e Piazza Prealpi. La quattordicesima frazione, una cronometro individuale di 68 km, si concluse a Lecco e fu il francese Jacques Anquetil (Heylett-Leroux Fynsec Hutchinson) a vincere. Trionfò con un minuto e ventisette secondi di vantaggio su Ercole Baldini (Ignis) e tre minuti e venticinque su Diego Ronchini (Bianchi Pirelli). Quarto si classificò Gastone Nencini, quinto lo spagnolo Miguel Poblet. Quel Giro lo vinse proprio Anquetil che nella sua lunga e luminosa carriera conquistò 5 volte il Tour de France e un'altra volta il Giro d’Italia nel 1964.
Giacinto Santambrogio (scomparso nel 2012) è stato senza ombra di dubbio il concittadino più rappresentativo per gli sportivi seregnesi. Due furono le sue vittorie al Giro: nella Ponte di Legno-Lainate (stabilimento Ramazzotti) del 1971, con la maglia della Molteni anticipò Francioni e Tosello, e nella Pisa-Salsomaggiore nel 1977 s'impose davanti a Pierino Gavazzi e Francesco Moser con la maglia della Salvarani.
Giacinto (dieci partecipazioni al Giro) è stato un fortissimo passista, titolare di un fisico che gli consentiva "tirate" lunghe di durata e velocità pari alla sua forza naturale. E' stato al fianco, in qualità di gregario di lusso , di notissimi campioni fra i quali Eddy Merckx e Felice Gimondi e per ultimo, in chiusura di carriera, anche Giovanni Battaglin. Tutti hanno usufruito e apprezzato l'alta qualità dei suoi servizi in corsa. Non c'era bisogno di particolari menzioni per ottenere la sua collaborazione, Santambrogio è stato disponibile sempre. E quando ne aveva la possibilità, metteva a frutto le sue doti vincenti (13 i suoi successi in carriera, ndr).
La storia dei seregnesi al Giro racconta inoltre le grandi gesta del compianto Serafino Santambrogio (si dice sia stato il primo corridore a raggiungere i 40 km orari) con due apparizioni alla Corsa Rosa, di Massimo Santambrogio che portò a compimento con impegno e dedizione due edizioni del Giro, e di Giuseppe Citterio (4 partecipazioni) che riuscì nell'impresa di aggiudicarsi la Lenzerheide-Treviglio nel 1995 superando Pagnin e Bramati con le insegne della Aki Gipiemme. Renato Cornalea (scomparso nel 2008) non ebbe invece fortuna e, nonostante da professionista indossò i colori della società Guerra-Ursus nel 1954, non partecipò al Giro.
TANTA SEREGNO AL GIRO
Non hanno pedalato lungo le strade del Giro d’Italia .come quelli nativi di Seregno ben descritti dall’amico Danilo Viganò, nativo della cittadina brianzola, che nel tempo ha proposto vari protagonisti in differenti sport, sulle pagine del quotidiano il Giorno e qui proposto.
Non hanno pedalato ma hanno dato comunque il loro contributo, in vari ruoli, altri nativi di Seregno, per molti anni, alle corse rosa, Giro d’Italia in primis.
Iniziamo da Dante Garioni, vicedirettore di corsa delle competizioni Gazzetta, dal 1964 e per oltre venticinque anni, scomparso nel 1996. Dapprima era stato un giudice di gara UVI/FCI, specializzazione giudice d’arrivo, riconosciuta “autorità” già quando il photofinish era di là da venire e il suo occhio distingueva sempre (o quasi, ma si sa che in materia i pareri offrivano ampio margine all’interpretazione – interessata – di parte) e che, professionalmente, lavorava alla Pirelli Bicocca. Era anche vicino alla Salus del presidentissimo Giuseppe Meroni, in costante derby, talvolta non solo verbale ma pure muscolare, con i vicini di casa e rivali di Monza del Pedale Monzese con alla guida tecnica il “maresciallo” Luigi Sardi. E i due amici-rivali non si sono mai risparmiati negli anni, nel corso delle gare rosa in posizioni di rilievo battute continue sulle loro battaglie sportive e d’ambiente. Altri tempi.
Nel 1963 dopo i clamorosi fatti e/o misfatti del dopo arrivo a Potenza con la “doppia” maglia tricolore contesa fra Bruno Mealli, secondo l’UVI e Marino Fontana (Lega ciclismo), la Federciclismo ossia l’UVI, impone al collegio di giuria d’abbandonare la corsa. Corsa che non si ferma però e riprende con Dante Garioni che non si piega al diktat e continua nella sua funzione incorrendo comunque negli strali disciplinari federali. La scelta di Garioni è stata quella di restare con gli organizzatori e continua il suo lavoro sulla tribunetta del giudice d’arrivo per quel Giro.
Poi, dall’anno seguente, sale su un’ammiraglia e affianca Vincenzo Torriani e Giovanni Michelotti nella direzione corsa con la sua vettura,sempre la prima in coda al gruppo, fino a poco primadella metà degli anni 1980 quando nel ruolo subentrò Giorgio Albani, legatissimo al Pedale Monzese…
Il frigorifero della vettura di Garioni era quello più fornito con scelta selezione di cibi e bevande e il pilota, il varedese d’origine veneta Franco Marton, specialista nello stare letteralmente “incollato” al gruppo principale per tutto il giorno – allora il presidente di giuria non viaggiava in tale vettura come poi avvenne -, e come tuttora è, ma disponeva di vettura propria. E ricordava sempre con malcelato orgoglio Garioni che con Franco Marton (poi presidente della squadra dilettanti FGM-Michelin-LCP di Varedo così come il figlio Albino), per i diciassette anni in ammiraglia in coppia, mai ha avuto un incidente nonostante la “prossimità”, talvolta misurabile in centimetri, con i corridori o auto/motomezzi in coda al gruppo.
Professionalmente Garioni, dopo il lavoro alla Pirelli, iniziò un’attività propria nel settore cucine con vari negozi nel milanesecon l’insegna Salvarani.
Altro seregnese di più fresca memoria è il compianto Antonio Maiocchi, nato a Seregno nel 1947, prematuramente scomparso il 17 novembre 2020 all’ospedale dio Monza, già capomacchina in tipografia al Corriere della Sera.
Appassionato cicloturista, un po’ anche “baby pensionato” tanto che dagli inizi del 1990 sul suo biglietto di visita spiccava la dicitura “professionista del tempo libero”, figura di spicco e riferimento dei pedalatori del G.S. Ciclistico Corsera del quale è stato a lungo presidente, riconvertendosi in breve tempo quale uno dei più stretti e fattivi collaboratori di RCS Sport e non solo nel settore ciclismo.
Era una presenza costante e assai “autorevole”, con il suo piglio deciso, il fisico atletico e la spaziosa “pelata” che lo distingueva anche a distanza. Era un affidabile esecutore dei compiti che gli erano assegnati e che hanno spaziato in molteplici incombenze. Per una quindicina d’anni è stata una presenza e un riferimento al Quartiertappa del Giro d’Italia e conosceva preferenze, abitudini e aspirazioni dei vari frequentatori che s’alternano in continuazione, durante la giornata, con il picco subito dopo l’arrivo, indicando loro le possibilità di parcheggio predisposte e da lui valutate.
Fra vari altri operatori del Quartiertappa, Maiocchi, in abbinata con Angelo Morlin, s’avvaleva anche dell’aiuto e della collaborazione di altri due amici seregnesi come il baffuto Enrico Mariani e l’appassionatissimo di ciclismo Marco Preda, suoi amici d’infanzia e della inesauribile disponibilità del comasco Antonio Volonterio, altro appassionato delle due ruote.
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