La Norvegia si è vestita di rosa e lo ha fatto con Andreas Leknessund, il ventitreenne cresciuto nelle file della Uno X e che adesso corre con il team DSM.
Nella storia della corsa rosa, c'è stato solo un altro norvegese capace di diventare il leader della classifica, si tratta di Knut Knudsen che ha indossato la maglia rosa nel 1975 e nel 1981. La Norvegia ha fatto festa, perché nella storia delle grandi corse a tappe, fino a ieri contava solo 4 corridori capaci di conquistare il simbolo della corsa: oltre a Knudsen, Thor Hushovd che al Tour de France ha vestito la maglia gialla nel 2004, 2006 e 2011 e poi anche la maglia rossa della Vuelta nel 2006. Poi è stata la volta di Alexader Kristoff che nel 2020 per un giorno ha indossato la maglia gialla del Tour e per finire Odd Christian Eiking, che nel 2021 ha portato la maglia rossa per sette giorni.
«Voglio provare a entrare nella fuga. Se ci riuscirò penserò alla vittoria di tappa e anche la maglia rosa»: queste erano state le parole del norvegese alla vigilia della quarta tappa e non poteva immaginare cosa sarebbe accaduto poche ore dopo.
Andreas Leknessund ha fatto tutto ciò che doveva e, quando ha capito che la vittoria di tappa non sarebbe stata la sua, si è concentrato sulla maglia rosa. Al traguardo era incredulo e tra le lacrime non riusciva a capacitarsi di quello che aveva fatto. «È vero o sto sognando? – Ha chiesto Andreas alla sua squadra -. È veramente qualcosa di speciale indossare la maglia rosa. Questo era l'obiettivo prima della tappa. Ma è difficile. Il ciclismo è difficile. Tutti lo sanno che riuscire in una cosa del genere è veramente difficile».
Il giovane di Tromsø (profondo nord della Norvegia, a soli 400 chilometri dal Circolo Polare Artico) ma che oggi vive a Oslo, era orgoglioso quando il suo team gli ha comunicato che sarebbe stato il capitano al Giro d’Italia. Per far bene Andreas Leknessund si era concentrato molto sulla prova a cronometro, specialità nella quale nel 2020 ha conquistato il titolo di Campione Europeo Under23. Era andato in Spagna, dove aveva lavorato per migliorare la sua posizione nelle prove contro il tempo. A Ortona nella crono di apertura è arrivato ventesimo, ma nei Paesi scandinavi sono in tanti a credere nelle sue potenzialità, in particolare dopo la vittoria all’Artic Race dello scorso anno.
La dedica è per tutti quelli che hanno creduto in lui, perché nel corso degli anni i dispiaceri non sono mancati nella vita di questo ragazzo. Lo scorso anno, mentre era al Tour de France, arrivò la notizia della morte di un suo caro amico e Andreas reagì stando al passo con i migliori sui Pirenei. Nell'inverno del 2019 perse suo padre, Arild, a causa di un tumore al cervello che lo consumò in pochi mesi. Anche dopo quell’esperienza, la bici è stato il mezzo che Andreas Leknessud ha usato per sconfiggere la sofferenza.
«È un risultato dedicare a molte persone, ho pensato anche che a mio padre avrebbe fatto piacere vedermi con questa maglia».
In Norvegia Andreas viene visto come un corridore tenace, che non si arrende mai, e ora ha dato piena dimostrazione di ciò: «Quando sono arrivato sull’ultima salita le gambe facevano male, ma sapevo anche che c’erano altri corridori che stavano cedendo, così non mi sono arreso. Ho conquistato la maglia rosa e non so per quanto tempo potrò tenerla, ma so per certo che per me ogni giorno con questo simbolo sarà un regalo prezioso».
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