È un po’ come schierarsi al fianco dell’Ucraina e strizzare l’occhio a Putin. Predicare la libertà di stampa e fare in modo che questa venga regolarmente calpestata, silenziata e mortificata, perché falsa, faziosa e di parte. È un po’ come parlare di pari diritti e opportunità tra i generi e poi quando arriva il Giro delle Donne il maggior quotidiano nazionale che orgogliosamente leggo e pago (sottolineo pago, controllare please) da decenni, nemmeno si prende la briga di valorizzare la corsa che presenta il meglio del ciclismo mondiale e che ha per nostra fortuna le ragazze che nel mondo sono ormai scuola e riferimento.
Qualcuno potrebbe dirmi: ma che te ne frega di quello che fanno gli altri? Me ne frega, nel momento in cui poi predicano bene, usano la supercazzola del politicamente corretto e poi se ne sbattono bellamente. Me ne frega per loro, per le ragazze, che stanno facendo da anni cose magnifiche e andrebbero valorizzate. Mi piacerebbe far parte del gruppo, con l’ammiraglia rosa a trascinare tutto e tutti, invece lei, l’ammiraglia rosa pensa solo a dispensare borracce a chi vuole, con la tracotanza e la prosopopea di chi pensa che “loro solo loro e gli altri sono dei poveretti”.
Il bello è che vorrebbero accaparrarsi il Giro Donne, che quattro anni fa - chiedere all’ex presidente della Federazione Renato Di Rocco e all’ex patron Beppe Rivolta – potevano prendere “a gratis”, ma loro – gli Unti dal Signore di via Rizzoli – hanno risposto no grazie. Poi ecco il Tour tornare in campo e mettere a terra la propria corsa declinata anche al femminile e allora adesso la vogliono, ma con il loro tempi, il loro stile.
Vogliono la corsa femminile che è di proprietà della Federciclismo e per ancora due anni sarà nelle mani della PMG Sport di Roberto Ruini, ma loro la vogliono a prescindere, sempre per il vecchio adagio: “noi siamo noi e voi non siete un benemerito…”. Forse non lo sapete o vi è sfuggito il particolare, ma in questo idilliaco scenario abbiamo un nuovo presidente di Lega che guarda il caso è anche direttore del Giro d’Italia – Mauro Vegni – e avrebbe casualmente ben più di un conflitto d’interessi, ma di questo interessa poco a nessuno, men che meno a loro. E in questo scenario i signori del Giro, che non dedicano un solo rigo al Giro donne, hanno pensato bene di bypassare la Federciclismo e chiedere all’Uci spazio per organizzare il prossimo anno una corsa femminile targata Gazzetta. Sempre per la serie: che ce frega del Giro Donne, noi ce lo facciamo! Sì, come no.
Intanto la tappa di ieri su Rai Due ha conquistato 814.000 spettatori con il 7,1% di share. Le donne vanno avanti ugualmente al fianco di chi le apprezza, ma è giunto anche il momento di dire come certe cose funzionano. Fin quando si può, fin quando avremo fiato, fin quando la stampa – tutta la stampa – avrà ancora un senso. Aspettiamoci serenamente delle ritorsioni: è il bello dello sport. È nel loro stile.