Pasolini che, a sette anni, abitava non lontano da dove Ottavio Bottecchia, il primo italiano a vincere il Tour de France, addirittura per due anni consecutivamente, era misteriosamente morto. Pasolini che, a diciotto anni, in bicicletta andò da Bologna a Casarsa della Delizia, quattrocento chilometri in tre tappe (ma le tre tappe in tre mesi). Pasolini che si appassionò al varesotto Severino Canavesi, campione italiano di ciclismo professionisti nel 1945, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Pasolini che, alle Olimpiadi di Roma 1960, scrisse un pezzo su Viktor Kapitonov, il sovietico vincitore della prova individuale di ciclismo su strada. Pasolini che, al Giro d’Italia 1969, partecipò a una puntata del “Processo alla tappa” condotto da Sergio Zavoli e intervistato da Vittorio Adorni, allora campione del mondo di ciclismo professionisti. Pasolini che, proprio quel giorno, in tv, proclamò “il ciclismo è uno sport che amo moltissimo” e aggiunse “da quando ero ragazzino”. Pasolini che, da anni, è un sentiero ciclabile di oltre diciotto chilometri, che da Roma giunge a Ostia, o che da Ostia risale a Roma, un viaggio a pedali e nella memoria.
“Pasolini in bicicletta”: oggi, alle 18, nel teatro naturale del Bosco di San Celso, a Bracciano (Roma), nelle attività volute dal Parco di Bracciano Martignano e organizzate dall’associazione culturale Ti con Zero, a ingresso libero. I testi letti dall’attore e regista Gabriele Benedetti, le musiche create dall’organettista Alessandro D’Alessandro e i racconti fatti da me, quelli qui appena accennati, ma più ambientati, approfonditi, legati alle sue parole e alle note. Nel centenario dalla nascita del poeta, “Pasolini in bicicletta” è uno sguardo particolare ma non spinto né forzato. La sua passione da pedalatore: “Ad ogni modo una cosa bella da essere confusa con un sogno, l’ho avuta: il viaggio da San Vito a qui, in bicicletta: esso appartiene a quel genere di avvenimenti che non possono essere raccontati senza l’aiuto della voce e dell’espressione”. La sua passione da spettatore: “Ho visto due facce che veramente prenderei in un film: cioè la faccia di Dancelli e la faccia di Taccone”. La sua passione da scrittore: “I fratellini minori caricavano il bidone del latte sul manubrio della bicicletta e partivano pedalando contenti e fischiettando verso la piazza del paese. Per lo stradone, estate o inverno, c’era sempre un viavai di carrette o di carri o di biciclette”.
Pier Paolo Pasolini continua a pedalare: la bicicletta non è poesia itinerante?
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