Alessandro COVI. 10 e lode. Sarà anche nato sul Tainenberg, un muro varesino, uno strappo tipo Grammont o Pattenberg, ma questo è un ragazzo adatto a qualcosa di più lungo e duro, adatto anche alle salite più ardite. Classe purissima quella del “puma di Taino”, 23 anni, secondo a Montalcino e terzo sullo Zoncolan nello scorso Giro. Terzo successo stagionale, dopo le gemme di una tappa e la classifica finale della Vuelta Murcia, ora si porta a casa la tappa regina di un Giro che finalmente ha anche il suo re. Vince con un attacco pazzesco sul Pordoi, portato quando al traguardo mancano più di cinquanta chilometri. Si porta a casa la Cima Coppi e quindi il premio che ricorda il patron dei patron Vincenzo Torriani. Si porterà probabilmente a casa il Trofeo Bonacossa, per l’impresa più bella di questo Giro. Si porta a casa quello che ha saputo seminare nel corso di queste tre settimane, in cui si è dedicato anima e corpo prima alla causa di Almeida, fin quando è stato in corsa. Poi si è messo in proprio. Figlio d’arte, visto che mamma Marilisa ha corso in bicicletta, così come il papà Andrea, così come lo zio Roberto (tricolore dilettanti nel 1991, ndr). Nel periodo della pandemia, ha scoperto la chitarra, da autodidatta: chi l’ha ascoltato assicura che è bravo. Insomma, le sa suonare a tutti: non solo con la chitarra.
Domen NOVAK. 8. È l’unico sloveno rimasto in corsa e si fa vedere oggi nella tappa più dura, con una prova da solista, peccato per lui che gli arrivi davanti Covi. Porta a casa il posto d’onore, che lo renderà fiero, ma forse anche un po’ di amaro in bocca.
Giulio CICCONE. 5,5. Mette nel mirino la tappa regina, quella della Marmolada, e non è un caso che ieri avesse deciso di non tirarsi il collo. Oggi va subito all’attacco, ma sono in tanti a volere una tappa che vale, che dà un senso a buona parte del Giro. Gli Uae lo mettono in mezzo: bravo Covi ad anticipare, bravo Formolo a stare lì. L’abruzzese si aspetta che qualcuno vada a togliergli le castagne dal fuoco, ma se c’è da vincere la tappa, purtroppo, c’è solo un modo: non far passare niente e nessuno, nemmeno uno spillo. Tantomeno una freccia…
Jai HINDLEY. 10 e lode. Lui ha una squadra pazzesca e da quest’anno anche un’anima latina in ammiraglia, Enrico Gasparotto, che muove questi fantastici ragazzi con sapienza e lucidità. L’australiano d’Abruzzo si piazza alle spalle di Carapaz e sa che nel finale deve fare di tutto per lasciarselo dietro. E lo fa, a 3 km, con forza e determinazione. In queste tre settimane dà l’idea di essere sempre in palla, sorretto da una squadra eccezionale e da una condizione di prim’ordine. Merita la vittoria, senza se e senza ma.
Mikel LANDA. 5,5. Difende il podio, ma dopo un lavoro spasmodico della sua Bahrain, ha il volto ceruleo di chi è già in debito di ossigeno. Non ha la forza di entrare nella battaglia. Riesce con grande carattere solo a difendere ciò che in queste tre settimane ha costruito.
Lennard KÄMNA. 10. È un voto che diamo a lui, ma dovrei darlo a tutta la Bora Hansgrohe. Parte di primo mattino, di buona lena, ma poi il suo incedere è sempre lo stesso. Ma chi lo ferma?
Richard CARAPAZ. 5,5. Gli apparecchiano la tavola, per bene, come si deve, e lui fa quello che deve fare. Poi nel ciclismo c’è una cosa molto banale e semplice che è la cartina tornasole di tutto: le gambe. Se vengono meno, c’è poco da dire. Bravo anche nella resa, bravo per quello che ha fatto. Chapeau!
Davide FORMOLO. 8. Fa gli straordinari, fino in fondo. Si mette lì e mena le danze: accelera e controlla. Insegue e bacchetta. Poi si piazza alle spalle di Carapaz, e sembra che stia risalendo con lo skilift. Dopo tanta fatica…
Lorenzo FORTUNATO. 6. È il primo dei ragazzi di “seconda divisione”, arriva 13° in un tappone che pesa, che conta.
Juan Pedro LOPEZ. 8. Il voto è per la sua resistenza, per la sua tappa, ma soprattutto per il suo gesto dopo il traguardo: aspetta Vincenzo Nibali e lo abbraccia. Gesti che valgono, molto più di tante parole.
Vincenzo NIBALI. 8. Odia con tutto il cuore la Marmolada, con quei drittoni mozzafiato, che non cedono mai e vanno sempre all’insù. Ma lui ci mette tutto se stesso, per non scivolare indietro, per difendere un quarto posto che a 37 anni vale quanto una vittoria.
Davide BALLERINI. 7. Fa l’andatura sul San Pellegrino. Fa tutto lui, fa tutto da solo. Come si dice in gergo, porta a spasso il gruppetto di testa, con tante gambe, con tanto cuore, con tanta testa.
Edoardo ZARDINI. 6. Possiamo dire che i ragazzi della Drone Hopper Androni Giocattoli sono inseguiti dalla nuvoletta di Fantozzi? Anche oggi, tanto per gradire, il ragazzo di Peschiera del Garda finisce col sedere in terra. Una bella grattugiata, tutt’altro che piacevole.
Dries DE BONDT. 6. Si parte forte, ma non c’è voglia di concedere subito spazio. I primi a provarci sono il vincitore di tappa a Treviso Dries De Bondt (Alpecin-Fenix) e Christopher Juul-Jensen (Team BikeExchange - Jayco). Niente da fare, perché sono in troppi a darsi da fare.