Una volta, una di quelle persone che il ciclismo l’hanno vissuto e raccontato per una vita, scrisse che la stagione di una squadra si divide in tre parti: uguali, ma differenti tra loro. Quello che succede prima del Giro, il Giro, quello che succede dopo il Giro.
Ecco, allora ci siamo quasi: soprattutto per una squadra come la EOLO-KOMETA che, forte della sua anima un po’ spagnola e un po’ italiana, ha già i fari puntati sul mese di maggio. Ivan Basso, uno che il Giro d’Italia lo conosce piuttosto bene, è in una di quelle giornate in cui ha voglia di usare le parole: per dire cose, per guardare avanti.
La EOLO-KOMETA esce fresca da una Milano-Sanremo che ha corso da protagonista: la lunghissima fuga di Sevilla e Rivi e l’undicesimo posto di Albanese, primo tra gli italiani. Come la si commenta una corsa così?
«La si commenta guardando ancora più indietro. La si commenta ricordando la prima vittoria alla prima corsa con Lonardi a Valencia. La si commenta con il secondo posto di Fortunato alla tappa con arrivo in salita alla Ruta del Sol. La si commenta con una Tirreno-Adriatico corsa sempre all’attacco, ogni volta un uomo diverso in fuga, due giorni in maglia verde: e se non abbiamo vinto, è perché abbiamo corso in mezzo a campioni che hanno corso da campioni».
E poi, anche la Sanremo…
«Due uomini in fuga per 280 chilometri, Rivi che è stato l’ultimo a essere ripreso, Albanese che non solo è stato il primo degli italiani: perché scorrendo i nomi dei dieci corridori che l’hanno preceduto, ecco che si vede come il suo undicesimo posto sia qualcosa di davvero grande. E stiamo parlando di un ragazzo che fino a un anno fa,mai avrebbe potuto pensare di essere lì a giocarsi una Sanremo con i migliori».
Se l’aspettava, Ivan Basso, un inizio così?
«Sapevo che avremmo iniziato meglio rispetto a un anno fa, e così è stato. Il bello è che vedo ancora molto margine di miglioramento, sotto tutti gli aspetti: a partire dalla struttura e dallo staff che può crescere ancora, e permette di valorizzare ogni singolo corridore della squadra Pro e della Under 23».
C’è invece qualcosa che l’ha sorpresa positivamente?
«Il modo in cui i corridori confermati mi hanno dimostrato di essersi meritati la riconferma. E il modo in cui i nuovi arrivati si sono inseriti nel gruppo, facendomi capire che abbiamo scelto benissimo».
A proposito. Ci sono due ragazzi – Ravasi e Fancellu – che lo scorso anno non sono riusciti a esprimersi come ci si attendeva: eppure, sono stati confermati. In un mondo in cui domina la legge del risultato, può apparire strano…
«E invece, per noi, non lo è. Perché se si parla di valori, se si parla di attenzione per l’aspetto umano, se si parla di vicinanza ai nostri ragazzi… poi bisogna anche mettere in pratica quello che si dice. Fancellu e Ravasi l’anno scorso non sono andati come speravamo per motivi diversi, ma comunque non imputabili a loro mancanze in termini di impegno e serietà. Meritavano una seconda possibilità».
Come arriva la EOLO-KOMETA al Giro?
«Seguendo la traccia dell’anno scorso: un lungo ritiro in altura per tre blocchi di corridori che si alterneranno e avranno un calendario di avvicinamento al Giro differenziato, tra Giro di Sicilia, Tour of the Alps e Vuelta Asturias. Ci sono dodici ragazzi, otto di questi partiranno da Budapest».
Sa già chi?
«No. Ma so già che sarà difficilissimo scegliere i quattro che non verranno: perché tutti se lo meriterebbero per i loro comportamenti, per il loro lavoro, per la forma che raggiungeranno a inizio maggio. Sarà difficile, ma questa difficoltà era esattamente quella che volevo quando ho costruito questa squadra».
Cosa si aspetta dalla corsa rosa?
«Di fare meglio dello scorso anno. Ci siamo rafforzati, abbiamo un anno di esperienza in più, dobbiamo puntare a migliorarci sempre. Sarà facile? No. Ma faremo di tutto per riuscirci».
Intanto, nei giorni scorsi, sono stati annunciati altri tre sponsor importanti…
«Il progetto cresce? Ed è bellissimo vedere che c’è tanto interesse in questo progetto e nella nostra storia: altre realtà molto importanti si sono avvicinate, e stiamo lavorando per iniziare a camminare anche con loro. Vincere non basta: bisogna creare i requisiti perché una squadra, oltre a generare vittorie, possa generare reddito per chi decide di investire. E io sono fortunato…»
Perché?
«Sul pullman della squadra, a vedere gli ultimi chilometri della Sanremo, c’erano i vertici dei nostri sponsor principali: che sono stati insieme, si sono divertiti, hanno parlato. Non solo di ciclismo. Questa è la chiave: condivisione. Chi è già con noi lo sta sperimentando, chi non è ancora con noi lo sperimenterà, già a partire dal Giro d’Italia. Il progetto continua: la squadra cresce, e giocoforza cresce anche il budget. Perché i risultati sportivi sono belli e fanno piacere, ma di fianco serve un budget che li rende sostenibili… I nostri sponsor l’hanno capito e tutti hanno aumentato l’investimento per dare seguito a quello che è successo lo scorso anno. E so che continueranno a farlo, anche negli anni a venire».
Parliamo di mercato. Ha già in mente la squadra del 2023?
«No. Perché la squadra del 2023 l’avevo in mente lo scorso anno. Adesso sto pensando alla squadra del 2027. Perché se non riesci a programmare a lungo termine ma vivi alla giornata, non vai da nessuna parte».
Alberto e Fran Contador, Ivan Basso. La triade continua a vivere come fosse una persona sola?
«Sempre di più. Dalla squadra fino ad Aurum, l’azienda che produce le nostre biciclette, viviamo come tre figure in una: dove ognuno riesce a mettere a servizio degli altri le sue qualità, facendo quello in cui è più bravo».
Si dice che arriverà una nuova squadra italiana, lanciata da Davide Cassani. Che ne pensa?
«Sarà la benvenuta, perché la concorrenza alza la qualità e stimola a fare sempre meglio. E io sogno di tornare ai tempi in cui - dalla Mapei alla Fassa Bortolo, dalla Saeco alla Liquigas - le squadre italiane erano tante e tutti le vedevano come un modello da seguire».