| 31/12/2004 | 00:00 Il ciclismo italiano conta su di loro e noi, a loro, facciamo i conti in tasca. E i conti, per quanto riguarda i due volti più belli del ciclismo italiano, Ivan Basso e Damiano Cunego, in rigoroso ordine alfabetico e anagrafico, tornano eccome.
Piacciono, e su di loro stanno investendo e altri sono pronti a farlo. Gli uffici marketing di note case di abbigliamento, auto ed elettronica stanno prendendo in seria considerazione questi due talenti purissimi del ciclismo di casa nostra, per fare in modo che diventino testimonial dei loro prestigiosi marchi.
Intanto Damiano Cunego, 23 anni, numero uno del ciclismo mondiale si è visto lievitare il proprio ingaggio dopo il successo al Giro d'Italia e una stagione a dir poco da favola. Da 50 mila euro è passato a 800 mila che gli sono arrivati direttamente dalla squadra (la Saeco). A questi vanno sommati i guadagni che sono arrivati dai circuiti a ingaggio (circa 5 mila euro in Italia e 10 mila all'estero), dalle numerose comparsate televisive e dagli sponsor personali: casco, occhiali, cardiofrequenzimetro, ciclocomputer, scarpe: il «Piccolo Principe» adesso può contare su un ingaggio annuo di 1250 mila euro.
Anche Ivan Basso, terzo al Tour de France, e numero undici al mondo, non è da meno. Ha quattro anni di più del Piccolo Principe, e una lenta ma costante maturazione. Biarne Riis, il suo team manager, l'ha strappato alla Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti a suon di euro. Non è un mistero: Basso veniva da un paio di stagioni buone ma prive di vittorie. Ferron ci credeva ma fino ad un certo punto. Il tecnico danese, vincitore del Tour '96, invece ha sempre creduto - proprio come Armstrong - che il varesino di Cassano Magnago fosse fatto per le corse a tappe e in particolare per la Grande Boucle. Per dimostrare Ivan quanto fosse convinto gli ha messo sotto il naso un contratto al quale era diffcile poter dire di no. 900 mila euro, premi esclusi. Ai quali, vanno aggiunti poi gli sponsor personali e i molti circuiti - soprattutto in Belgio, Olanda e Danimarca - che il varesino ha disputato subito dopo il Tour. Anche Basso, il suo ingaggio è sui 1300 euro.
«E nonostante Riis abbia avuto quest'anno qualche problema di budget per allestire la squadra - racconta il varesino, iridato tra gli under'23 nel '98 -, mi ha ugualmente dato un piccolo aumento», dice. E un merito va anche a Riis, che i corridori sa sceglierli ma sa anche motivarli con gesti concreti. Basti pensare a Michele Bartoli, che in possesso di un altro anno di contratto, ma mentalmente demotivato, ha deciso di chiudere anzitempo la carriera, e Riis gli ha ugualmente riconosciuto la metà di quanto era stato pattuito. E l'altra metà? Molti se la sarebbero tenuta in tasca, Riis, invece, ha deciso di investirla nei corridori, andando a ritoccare un po' tutti gli ingaggi. Come si dice? I conti tornano, e a volte, ritornano: nelle tasche dei corridori. E di questi tempi non è poi un fatto così scontato.
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