È una domanda che ci siamo posti tutti e che è tornata d’attualità nei giorni scorsi dopo la partenza anticipata di Tiesj Benoot: perché così tanti corridori lasciano il Team DSM? A rispondere alla domanda prova una inchiesta promossa da Sporza: l’emittente belga ha raccolto testimonianze di alcuni ex corridori e di altri atleti che hanno voluto restare anonimi. E la risposta è stata inequivocabile: «Il protocollo interno della squadra è un punto di forza che è diventato una debolezza».
Tiesj Benoot l’utimo di una lunga lista che comprende tra gli altri Tom Dumoulin, Warren Barguil, Marc Hirschi, Marcel Kittel, Michael Matthews, Edward Theuns e Ilan Van Wilder.
Bert De Backer, corridore della DSM dal 2009 al 2017, spiega: «Per prima cosa voglio sottolineare che c'è molto di buono nella squadra: se porti l'80% di ciò che il Team DSM fa in altri team, questi miglioreranno tutti. Ma ci sono degli eccessi: in casa DSM ci si concentra sulla scienza e standardizza tutto. La possibilità che la tua prima, seconda e terza bicicletta siano uguali, per esempio, è molto maggiore rispetto ad altre squadre».
Ma c’è il lato della medaglia che rende difficile la situazione: «Quando ho firmato con la squadra, ho scelto di accettare le regole» afferma Louis Vervaeke. «Ma a volte si sono spinti un po' troppo oltre con le loro regole - dice un corridore straniero che vuole rimanere anonimo -. Le regole erano estreme, soprattutto per quel che riguarda l'abbigliamento».
Waeytens testimonia: «Dopo la Clasica San Sebastian, mi hanno chiamato per dirmi “Hai lavorato bene. Tom Dumoulin era contento di te. Ma... abbiamo visto che non avevi la divisa a posto quando hai firmato il foglio di partenza»
Inoltre, i corridori non possono deviare di un millimetro dal loro programma di allenamento: «Guai a te se ti alleni un po' diversamente per un giorno - dice un altro corridore che resta anonimo -. Ho subito parlato al telefono con un membro dello staff molto arrabbiato e mi sono dovuto giustificare».
E ancora: «Avevano un protocollo per tutto. È stato davvero estremo. E ogni anno vengono aggiunte nuove regole. Regole che danno sui nervi ai corridori. Siamo stati trattati come bambini piccoli: se avevi fatto qualcosa di sbagliato, dovevi stare in un angolo, per così dire. Ma c'è soprattutto il fatto che i corridori più anziani non hanno bisogno di tante regole superflue e inutilmente complesse».
Un altro esempio lo regala Waeytens: «Ho chiesto di alzare la sella di 3 millimetri, il meccanico ha dovuto fare 16 telefonate: in primo luogo, è stato necessario contattare il responsabile dell'attrezzatura e convincerlo del motivo per cui si voleva alzare la sella e poi via via tutti i passaggi seguenti».
De Backer aggiunge: «Se pensavi di aver bisogno di più integratori nella tua borraccia, dovevi prima spiegare il perché. Poi dovevi sottoporti a tutti i tipi di test per dimostrare che bruci effettivamente più energia durante uno sforzo».
Frequenti sono anche gli scontri tra la squadra e i corridori a livello medico. «Risolvono tutto internamente con esperti. Va bene - spiega dice De Backer - ma quando ho avuto un problema medico, ho detto che avrei potuto trovare una soluzione migliore con contatti migliori. Ma no: i loro esperti devono risolvere tutto».
E Waeytens accusa: «Durante uno stage invernale ho indicato che non mi sentivo bene. Nelle classiche non sono andato bene, ma la squadra non ha voluto aiutarmi. Poi mi sono fatto fare un esame dello stomaco e ho scoperto che avevo un batterio allo stomaco e un'ulcera. Ho dovuto prendere 120 pillole di antibiotici. Ma il team ha detto: aspetta con gli antibiotici e corri prima la Eschborn-Francoforte. Ho rovinato un anno intero per quello».
De Backer conclude: «Il protocollo della squadra è un punto di forza che è diventato un punto debole. Se usi la cosa giusta in modo sbagliato, hai un problema».
Altro punto delicato, secondo le testimonianze raccolta, è il rapporto con la dirigenza sportiva. «Lo staff, ad esempio, è un problema. È un andirivieni. Il team non si rende conto che sta lavorando con esseri umani invece che con i robot. Vogliono 33 corridori che facciano le stesse cose e pensino allo stesso modo. Ma in realtà hai a che fare con 33 individui, ognuno ha un carattere diverso e una posizione diversa all'interno della squadra».
Waeytens aggiunge: «Al DSM hanno perso l'essenza del ciclismo. Non importa più che un ciclista si senta felice. La scienza è una cosa, ma anche l'umanità è importante. La maggior parte dei team punta sul team building, ma al DSM non hanno mai organizzato nulla per migliorare l'atmosfera del gruppo. Sono stati i corridori stessi a prendere l'iniziativa di andare a divertirsi col kart durante il nostro giorno di riposo nel ritiro in Spagna. I leader Dumoulin, Barguil e Matthews hanno pagato tutto, lo staff non ha interferito».
Alcuni corridori che non vogliono essere nominati sono anche critici nei confronti del team manager Iwan Spekenbrink (nella foto) e dell'allenatore Rudi Kemna. «Più la squadra diventava migliore, più problemi ci sono con la leadership sportiva della squadra. avuto ragione. Se hai una discussione con Spekenbrink e Kemna, non raggiungerai un compromesso. Da corridore non ti senti più compreso e perdi il coraggio di parlare con la dirigenza sportiva. Le persone lasciano la squadra perché non si sentono più comprese. La cosa peggiore è che Kemna e Spekenbrink non si mettono mai in discussione».
«Se due corridori rompono il contratto, può essere imputato al loro carattere. Ma se 10 corridori sene vanno prima del tempo, allora non è più una coincidenza» dice un corridore straniero.
E la conclusione è amara: «Benoot è uno dei corridori più onesti del gruppo. È il superpro per eccellenza. Il fatto che Benoot abbia lasciato la DSM dice tutto».