Bici verdi (il verde della terra) come quella di Enrico Toti, cicloviaggiatore: “I copertoni dureranno spero fino in Russia, là li cambierò di nuovo. Ho cambiato il manubrio con uno automatico che si abbassa e si alza. La forcella davanti mi si è rotta e l’ho fatta rinforzare. Ho messo i parafanghi e l’ho tutta verniciata di nero, spero di riportarla a Roma la bicicletta, così potrà stare orgogliosa in qualche museo, e spero che tutti gli amici, i giornali e le società sportive a quell’epoca che io vengo formino una sottoscrizione per donarmi una nuova bicicletta: la mia la donerò al Municipio per metterla al Museo Capitolino”.
Bici verdi (il verde della speranza) come quella di Dario Beni, il vincitore della prima e dell’ultima tappa del primo Giro d’Italia nel 1909: “Un’accoglienza calda, entusiastica e spontanea – scriveva il corrispondente della “Gazzetta dello Sport” – ha fatto oggi la cittadinanza romana ai nostri campioni reduci dal trionfale primo Giro ciclistico d’Italia. Circa duemila persone attendevano, infatti, sulla piazza e sotto la tettoia della stazione, l’arrivo del treno che riconduce tra noi il drappello valoroso. Fra la folla erano mescolate elegantissime signore e signorine a testimonianza dello straordinario interesse dell’elemento femminile per il Giro. Attendono anche il padre e la madre di Beni che hanno le lacrime agli occhi... Il treno entra in stazione alle 13.20. Subito la folla in uno dei primi vagoni riconose il valoroso manipolo. Beni, che ha ancora attorcigliato intorno al corpo un paio di palmer, scende per primo”.
Bici verdi (il verde della rabbia) come quella di Livio Trapè, il Coppi della Tuscia, oro nel quartetto ma argento nell’individuale all’Olimpiade di Roma nel 1960: “Una quadrupla truffa. La prima truffa per un pignone rotto, che mi costrinse a passare dal 14 al 18, la seconda truffa perché Pinella De Grandi, il meccanico della Nazionale, e anche di Coppi, non aveva una ruota adatta per me e così decisi di tenermi quella, la terza truffa una borraccia all’ultimo rifornimento, conteneva tè zuccherato e non glucosio e un complesso vitaminico, per la rabbia dopo una cinquantina di metri la gettai a terra e rimasi senza liquidi e senza energie, la quarta truffa – la ciliegina sulla torta - per un consiglio sbagliato nella volata finale a due con il sovietico Viktor Kapitonov, quello del giornalista Lillo Pietropaoli che stava sull’ammiraglia, mi gridò di scattare perché da dietro stavano rientrando, e non era vero, io partii lungo e fui saltato a 10 metri dal secondo oro, e ancora non mi do pace”.
Bici verdi (il verde della pace) come quella di Kapitonov, che all’Olimpiade di Roma nel 1960, intervistato da Pier Paolo Pasolini, gli chiese di fargli visitare la città: “Istintivamente vado verso la periferia, e piano piano, arriviamo alla Borgata Gordiani, chiacchierando sempre di sport, delle prime vittorie dei russi nell’atletica, delle gare di domani. ‘Dormono tutti?’ mi chiedono, come passiamo tra le infangate, miserande casette della borgata perse nel livore della notte, mute. ‘No!’ dico io ‘qui c’è una specie di coprifuoco!’. Scendiamo dalla macchina, nel piazzale circondato dalle casette degli sfrattati, chiuse nel loro miserabile orticello. Lontanissime, splendono le luci della Roma olimpica. Non dormono, no, alla borgata: se ne stanno, esclusi dalla città, come rintanati tra le loro casette. Vedendoci, un po’ alla volta vengono fuori, si raccolgono intorno, è una piccola folla: sono quasi tutti giovani, e come riconoscono Kapitonov, gli si raccolgono intorno, festosi, nei loro eleganti stracci di malandrini”.
“Le biciclette verdi”: Lazio terra di viaggi, corse su strada e pellegrinaggi a pedali. Parole e musica, domani, nell’Archivio storico di Bracciano, alle 18.30, ingresso libero, nell’ambito della rassegna “Imboschiamoci” organizzata dall’associazione Ti con Zero per la Regione Lazio. Le parole di Marco Pastonesi, di Roberto Pallottini urbanista della Consulta Roma ciclabile, di Daniele Badaloni presidente del Parco naturale regionale Bracciano-Martignano e dell’attore Gabriele Benedetti, la musica dell’organettista Alessandro D’Alessandro.
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