Non è stato lui a scegliere la bici, ma la bici a volere lui. Come una dea che s’impadronisce di un guerriero fino a renderlo eroico, leggendario, mitico. E Piero Marchesi, a suo modo, eroico, mitico, leggendario lo è. Anche se non è famoso come Nibali, vincente come Pogacar, iridato come Alaphilippe. Non è un eroismo, un mito, una leggenda aver percorso un milione di chilometri a forza di pedali?
Novantadue anni e mezzo, emiliano di San Lazzaro Parmense, dal 1937 – cioè da quando aveva otto anni - Marchesi ha vissuto in bicicletta attraversando l’epoca di Bartali e Coppi, poi di Adorni e Anquetil, Gimondi e Merckx, Moser e Saronni, Pantani e Armstrong, fino a Van Aert e Van der Poel. Dilettante nel senso che a suon di pedali si è sempre dilettato, professionista nel senso che a forza di pedali è riuscito a stabilire record personali (e quasi professionali) di 260 km in un giorno, 3210 in un mese e 26800 in un anno, amatore nel senso che lui ha amato la bici quanto la bici ha amato lui, tanto che l’amore a prima vista si è allungato in un amore a chilometraggio illimitato, perfino scalatore nel senso che si è arrampicato a due ruote su Stelvio e Nivolet, le Tre Cime di Lavaredo e il Muro di Sormano, lo sterrato del Manghen e i tornanti del Bondone, e ambientalista nel senso che non ha mai dimenticato come la bici sia sinonimo di silenzio e pulizia, rispetto e – sempre - passione.
Chi lo conosce bene, come il suo amico Gianfranco Di Pretoro, ne ricorda prodezze e imprese. Come quando, d’inverno, nuotava nel Tevere contro corrente. Come quella volta che, a 86 anni, Marchesi “ha superato con fluide pedalate la salita al 15 per cento di via Edmondo De Amicis, il muro di Roma detto K2”. Senza alcun segreto: “La sua longevità è dovuta all’ereditarietà genetica, all’alimentazione onnivora accompagnata da un’efficace masticazione, allo stretching, alla ‘lubrificazione’ giornaliera del ‘motore’ pedalando nelle strade del Lazio”. E con grandi riconoscimenti: “A Roma, dove abita da ottobre a marzo, e a Sabaudia, dove sta da marzo a ottobre, è un monumento in bicicletta. Lo chiamano l’Invincibile, l’unico ciclista che pedala con vento forte, pioggia battente e sole rovente”.
Sposato con Giovanna, tre figli e vari nipoti, diplomato all’artistico e poi funzionario di banca, Marchesi si racconta con leggerezza: “Ho cominciato da una bici artigianale (Zanardi, di Parma) e adesso mi faccio in quattro (con due bici di acciaio e due di carbonio). Fra gare e vacanze, strada facendo ho conosciuto Ercole Gualazzini e Marcello Osler, Francesco Moser e Beppe Martinelli, ho addirittura pedalato con Marco Pantani. Dietro, a dire la verità. Dietro per rispetto e prudenza. Succedeva quando la Mercatone Uno andava in ritiro a San Felice Circeo. Io seguivo il gruppo dei corridori finché non affrontava le salite, lì giravo la bici e tornavo a casa”.
In questi giorni Marchesi è incredibilmente fermo: “Colpa di una banale caduta. Non dalla bici, ma nella doccia. Quattro costole incrinate. Però il riposo forzato sta finalmente esaurendosi. Non vedo l’ora di ricominciare. Mi sento come un leone in gabbia”.
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