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Pedone: “Dove state andando”. Ciclista: “Da nessuna parte”.
Pedone: “Che cosa state facendo?”. Ciclista: “Stiamo cercando di imparare, anzi, reimparare, ad andare piano”.
Ciclista: “Chi va piano, va sano e vicino”. Non fa rima. “Chi va piano, va vicino e sano”. Adesso sì.
Ciclista figlio: “Papà, suona il campanello!”. Drin drin.
Ciclista: “Dietro si lamentano, vogliono andare più piano”. Drin.
Ciclista: “Avanti, pardon, indietro march”. Drin drin drin.
Ciclista: “Non pensavo che andare piano fosse più faticoso che andare forte”.
Ciclista: “Fretta? Un termine che non appartiene al nostro vocabolario”.
Ciclista: “Lezioni di piano. Ovvero: come rallentare la propria velocità”.
Ciclista: “E se il piano-bar fosse il programma di una gita lenta verso un caffé o un cappuccino?”.
Ciclista: “Ma il primo piano, in un gruppo ciclistico, è il primo o l’ultimo?”.
Ciclista: “Vacci piano: nome ideale per club di ciclisti lenti”.
Ferrara, Festival del ciclista lento, tre giorni (da venerdì a oggi, domenica) a ritmo blando, ad andatura molle, a passo d’uomo, a chilometro quasi zero. Con tanto di cappellacci, borracce di vino e bis di tenerina. Con il vento in pappa. Tra emozioni e mozioni, racconti e sconti, sogni e bisogni, poche direttive e nessuna invettiva. E sempre fughe e inseguimenti, volate e scalate, scatti e cotte, ma soltanto a parole.
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