Trentanove anni fa. Non ciclismo, ma calcio. Non Europei, ma Mondiali. Sempre generoso, mai domo. Maglia azzurra, numero 19. Francesco Graziani. Ma per tutti, affettuosamente, Ciccio.
Pronto e pimpante, pirotecnico e pelato, incrocio Graziani in uno di quegli incontri virtuali organizzati (questo dalla Fila) per aggirare la solitudine della pandemia, della quarantena, della clausura. Si parla anche di Giro d’Italia in occasione del passaggio della corsa a Biella, sede della partenza della terza tappa. E Ciccio ricorda, confida, confessa.
SU MISURA “Quella volta, a Cesenatico, per la Nove Colli, invitato da Davide Cassani. Misurato, pesato. Gambe, braccia. Poi mi fu regalata una Pinarello, perfetta per me”.
A PIEDI “Lei era perfetta per me, io imperfetto per lei. Nato e cresciuto con quella palla che ruzzola fra i piedi, mi sono sempre trovato meglio a correre a piedi che non a pedali”.
IL PALLONE “Cominciai da bambino, continuai da ragazzino, proseguii da professionista, insisto ancora adesso che ho anni – sessantotto – da spettatore. A calcetto, con gli amici, in un club”.
LA FATICA “Non si può paragonare la fatica del calcio con quella della bicicletta. Nel calcio, quando sei stanco, cammini. Nel ciclismo, quando sei stanco, ti ritiri”.
LA MAGIA “Mi piace, la bicicletta. Perché mi piace anche la solitudine, il vento, le strade secondarie, i paesaggi. Mi piace quella sensazione di libertà che la bicicletta regala fin dalla prima volta in cui si rimane, come per magia, in equilibrio”.
ANDATA E RITORNO “Ma più di tanto, non vado. Il mio tanto sono venticinque-trenta chilometri fra andata e ritorno. Tanto per sgranchirmi, e già sfinirmi, tanto per spingere, e già soffrire. Il problema, il mio problema, è la sella”.
IL PROBLEMA “Maledetta sella. Dopo un po’, troppo poco, il soprassella – si dice così? – si intorpidisce, si infiamma, si addormenta. E si risveglia dolorante. Mai andato oltre quella soglia del dolore”.
PANTANI “Il ciclismo che più mi ha appassionato è stato negli anni di Marco Pantani. Nelle tappe di montagna, sulle Alpi o sui Pirenei, al Giro d’Italia o al Tour de France, la vita si fermava, la gente s’incollava alla tv, in attesa del suo scatto, in salita, il lancio della bandana, le mani basse sul manubrio”.
IL GIRO “Il Giro d’Italia è una festa, uno spettacolo, e per i corridori immagino che sia anche una grandissima fatica. Ma com’è possibile – mi sono sempre chiesto – fare quelle fatiche, e sopportare quel dolore al soprassella, tutti i giorni per tre settimane? Un martirio”.
ASSISTITA “Meno male, in tutti i sensi, che adesso esistono le biciclette a pedalata assistita. Così posso finalmente allungare le mie distanze e i miei orizzonti. Fra una partitella e l’altra. Con il mio calcetto”.
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