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Un omicidio. Sconosciuto l’assassino, sconosciuto l’assassinato. Un medico legale indaga, esplora, scava. Ma, più che altro, tenta, cerca, prova. Indirizzi e indizi. Faticosamente.
“Il sabato sera, di solito, vanno alla Lanterna Magica. E’ un cineclub in cima a Vico dei Carbonari, in un piccolo cortile che sembra un angolo di paese, ricorda case coloniche, lembi di campagna, altri tempi”.
E’ una città di mare. Forse Genova. Il mare la apre al mondo, ma forse proprio per questo la città si chiude in se stessa. Vicoli, scale, palazzi. Oscurità e buio. Misteriosamente.
“Di lassù si vede il porto, il mare aperto, il gomitolo di stradette del vecchio ghetto ebreo, il campanile rosato di una chiesa stretta fra muri e case, invisibile da altri punti, insospettata”.
Il libro – un giallo – è del 1986: si intitola “Il filo dell’orizzonte” (Feltrinelli) ed è il primo romanzo di Antonio Tabucchi, l’autore di “Notturno indiano” e “Sostiene Pereira”, il traduttore delle opere del portoghese Fernando Pessoa. Scritti e poesie. Letterariamente.
“C’è da fare una scalinata di mattoni corrosi dall’uso, con un lungo ferro lustro per corrimano che si contorce sul muro slabbrato e invaso da ciuffi di capperi che hanno ricoperto le scritte sbiadite. Si legge ancora: W Coppi”.
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