Ogni volta che mi arriva una sua email, tremo. Dove andrà adesso, mi domando. Che farà stavolta, mi chiedo. Quale meta, quale traguardo, quale avventura, mi interrogo.
Omar Di Felice. A vederlo, fa quasi tenerezza. E’ magro, asciutto. Sembra fragile, indifeso. Appare inadatto a quello che si propone, a quello cui si sottopone. Soltanto a leggerle, viene paura: Back to the Arctic, Paris-Rome no stop, Ultracycling Dolomitica, Tortour Switzerland... Imprese o follie, il confine è labile, invisibile.
Stavolta Omar ha scelto una parola magica: Everest. Non andrà in cime alla montragna più alta della Terra, tranquilli. Ma pedalerà fino al campo-base dell’Everest, a quota 5364, dopo 1300 km di traversata e 40mila metri di dislivello. Da solo. Chi altro se la sentirebbe di accompagnarlo condividendo freddo e sonno, pericoli e imprevisti?
Ma Di Felice è felice così. Nell’email mi spiega che “dopo essere partito da Kathmandu, capitale del Nepal, procederò verso nord-ovest attraverso le città di Pokhara e Jomsom entrando nella regione del Mustang, l’area considerata tra le più aride e fredde del continente asiatico. Qui inizieranno le lunghe ascese attraverso valichi himalayani oltre i 4000 metri, con l’apice che verrà toccato in cima al Kora La Pass (4660 m), nonché valico di confine con la Cina. Da qui la traversata proseguirà lungo i sentieri del circuito dell’Annapurna (una delle vette mitiche oltre gli 8000 metri) andando ad affrontare il passo transitabile più alto al mondo, il Thorung La (5416 m). Qui le difficoltà maggiori saranno rappresentate dalla quantità di neve, dal sentiero impervio e dalla possibilità che il valico risulti intransitabile a causa delle condizioni climatiche e che, probabilmente, renderanno questa traversata unica nel suo genere venendo affrontata in bicicletta. Superato il valico, il successivo punto nevralgico sarà l’arrivo al campo-base del Tilicho Lake (4919 m). L’ultima parte del percorso sarà la lunga risalita da Kathmandu a Lukla, da cui partirà la salita infinita fino ai 5364 metri del campo-base dell’Everest”.
Omar e la sua mountain bike sono preparati, equipaggiati, allenati, collaudati. E saranno seguiti, mai abbandonati. Adesso lui è in Nepal, fra tamponi e quarantene. Il via il 15 febbraio. Poi le notizie verranno affidate alla tecnologia. E’ sempre lui a spiegarmelo: “Sarà possibile seguire l’avventura in diretta live attraverso il sistema di tracciamento realizzato da Endu-Neveralone che, ricevendo il segnale dei dispositivi inReach, darà modo di visualizzare costantemente la mia posizione sulla specifica mappa raggiungibile a questo link https://live.endu.net/omar-adventures/. Ogni giorno sulla piattaforma Garmin Connect sarà possibile visualizzare i dati effettivi (temperatura, frequenza cardiaca...) e su Komoot la raccolta del percorso svolto corredata dalle foto che realizzerò in autonomia. Infine su tutti i miei canali social, compatibilmente con il segnale 3G/Sat Internet, sarà possibile leggerne gli aggiornamenti attraverso post, video e scatti fotografici”.
Ci mancava solo Omar in bici al campo-base dell’Everest. Non sapendo se ridere o piangere, comunque agitato e preoccupato, mi attaccherò a un link.
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