Davide Cassani affida a facebook una riflessione profonda sull'attività giovanile e il rischio di bruciare talenti per la troppa fretta nel farli crescere. Una riflessione che abbiamo scelto di proporvi e che può aprire un dibattito molto interessante.
Da noi In Romagna si dice che per avere successo nella vita serve: “och, pazezia e bus de c...” cioè occhio, pazienza e....fortuna. Lasciamo stare l’occhio e pure la fortuna, soffermiamoci sulla pazienza.
Per avere successo nella vita ci vuole (anche) tanta pazienza. Il mondo va sempre più di fretta, sembra che oggi sia necessario fare tutto e subito. Sto pensando al ciclismo e sto parlando della fretta che mette a rischio la carriera di tante giovani promesse.
Il ciclismo su strada è una specialità difficile, a parte qualche rara eccezione (da non prendere come esempio) serve tempo per raggiungere il massimo rendimento.
Prendiamo Vincenzo Nibali. Al primo anno nella categoria Under 23 conquista 7 corse. Preferisce non passare tra i professionisti e nel 2004 (secondo anno) ottiene 12 vittorie arrivando quinto al mondiale in linea e terzo in quello a cronometro. Questi risultati danno la dimostrazione che il siciliano era pronto al passaggio infatti viene ingaggiato dalla Fassa Bortolo e nel giro di qualche anno diventa un campione.
Altro esempio, Filippo Ganna: due anni tra gli Under 23 e dopo aver vinto un paio di mondiali su pista ed una Roubaix (dilettanti) passa professionista alla UAE. Ma non molla la pista nonostante ci siano esperti che valutano Ganna come un buon inseguitore e niente altro.
Penso che per diventare un ottimo manager sia necessario fare una buona università e prima prepararsi al liceo. Così come ritengo che per diventare un buon professionista sia utile allenarsi bene e con parsimonia nelle categorie giovanili, aumentare i carichi di lavoro tra gli Under 23 e passare al momento giusto.
Per sfondare nel professionismo servono: doti tecniche, mentali, tenacia, determinazione, carattere e pazienza. Il ciclismo è sport di fatica e resistenza ed ogni cosa deve essere fatta al momento giusto. Quando guardo un test di un ragazzo di 17/18 e vedo che i numeri sono interessanti mi preoccupo di spiegare al suo direttore sportivo cosa è meglio fare, non il mese successivo, ma nei 3 anni a seguire.
Tornando a Ganna, da juniores è arrivato quarto al mondiale a crono, da Under 23 ha fatto tredicesimo nel 2015 e quattordicesimo nel 2016 ma sapevamo che avrebbe dato il meglio da professionista.
Non capisco tutta questa fretta. Quando si vede che un ragazzo ha qualità bisogna pensare non ai risultati immediati ma ad una crescita futura. Le vittorie ogni anno si azzerano, il lavoro no, se fatto bene, porta ad un miglioramento costante ma deve essere fatto per gradi.
Lo dico sempre, facile fare andare forte un esordiente, un allievo, uno juniores. Lo alleno tantissimo, gli faccio fare vagonate di km, allenamenti massacranti. Poi? Poi succede che arriva under 23 e non ha più niente da dire perché quella progressione negli sforzi e negli allenamenti è saltata prima di cominciare.
Sento di juniores che a gennaio hanno anche fatto 5 ore di allenamento ma io dico, che senso ha? Certo, Il senso può essere quello di vincere qualche corsa nel corso della stagione ma poi? Da Under cosa gli facciamo fare? E se passano professionisti li mettiamo in bici dalla mattina alla sera?