Mentre noi ci chiediamo se Vincenzo Nibali a trentasei anni ci regalarà altre gioie come ha sempre fatto vincendo, lottando, soffrendo, anche soltanto arrivando fino in fondo.
Mentre noi ci interroghiamo se Fabio Aru nel 2021 in un’altra squadra tornerà mai ai livelli della vittoria alla Vuelta, dei podi al Giro d’Italia e della maglia gialla al Tour de France.
Mentre noi già immaginiamo Elia Viviani, Filippo Ganna e gli altri azzurri e tutte le azzurre sulla pista olimpica di Tokyo 2021 (ex 2020), che uno squadrone così non lo si vedeva dai tempi dei Giochi di Roma nel 1960.
Mentre noi intanto ci godiamo la stagione del ciclocross, che nella sua campestre semplicità e nella sua fangosa purezza è sempre capace di regalare antiche emozioni.
Mentre noi assistiamo alle lunghe schermaglie preliminari della corsa alla presidenza della Federciclismo, alle vertiginose offerte all’asta per una bici di Marco Pantani, ai drammatici bollettini della pandemia e agli inevitabili decreti del governo.
Il ciclismo giovanile sta morendo.
Giandomenico Marangoni, anima della Cotignolese, mi scrive: “Da anni non arrivano incentivi per i centri di avviamento alla pista, tubolari, copertoncini, materiali di ricambio per la manutenzione delle bici da pista. Da anni non retribuiscono più le società che portano gli atleti scelti per le nazionali”.
Per esempio: “Una volta a una società come la mia che doveva portare un atleta convocato a Montichiari, velodromo coperto, venivano rimborsati viaggio e vitto come da tabelle Coni e Aci, invece ora danno un totale di 50 euro per viaggio, vitto e giornata”.
Per esempio: “Per non parlare di organizzare un qualsiasi campionato italiano, dove la Fci chiede somme spropositate per le concessioni”.
Quindi? “Servono subito incentivi per organizzare gare di esordienti e allievi, le categorie del futuro. Le società sono in grandi difficoltà economiche, mancano dirigenti che si assumano responsabilità gestionali. Ci sono difficoltà a reperire sponsor e difficoltà con le istituzioni per ottenere permessi, concessioni e contributi. Le società sono stanche di non sentirsi tutelate e considerate nel portare avanti un settore cosi importante”.
Morale? “Se si continua così, tra qualche anno smetteremo di raccontare giornate meravigliose come il Mondiale di Imola e le tappe del Giro d’Italia e far sognare i bambini sedotti da una bicicletta e innamorati del ciclismo”.