Tadej POGACAR. 10 e lode. Due Grandi Giri, due podi, un terzo alla Vuelta e una maglia gialla sul podio di Parigi. Tre tappe alla Vuelta e una maglia; tre tappe e tre maglie al Tour. Se non è un piccolo cannibale, il giovane Tamau (domani 22 anni, auguri!) ha fame e appetito da vendere. Si diverte a vincere, senza tanti tatticismi e numerini da leggere sul computerino. Va a sensazione, e la sensazione che ho è che non sia finita qui. Non è una minaccia, ma per chi ama il ciclismo è una promessa di spettacolo e delizia. In questo Tour siamo stati tutti al luna park con lui.
TOUR de France. 9. Covid o no, anche quest’anno è stata una corsa di sublime bellezza. Se la corsa la fanno i corridori, qui c’era il meglio del meglio e i protagonisti non si sono risparmiati. Altro che distanziamento sociale, questo Tour ha riavvicinato tanti al ciclismo.
Primoz ROGLIC. 8. Corre da padrone, ma fa i conti senza l’oste, che per altro è un bimbetto sloveno che di nome fa Pogacar. Roglic domina il Tour grazie ad una squadra dominante, che controlla tutto e tutti, solo che c’è una cronometro, una sola, che si corre da soli: uno contro gli altri, spesso contro se stessi. Ed è la sfida con se stesso che perde. Forse la perde prima di partire, fin quando sulla pedana del via era ceruleo in volto, con gli occhi persi nel vuoto di uno che si appresta a perdere.
Wout VAN AERT. 9. È l’uomo Jumbo e quindi Justo per provare a fare il grande salto, nei prossimi anni, anche nei Grandi Giri. Va spedito su ogni terreno; è un fuoriclasse assoluto. È un vincente su tutta la linea, ma anche come scorta armata dell’armata olandese è più che convincente.
Richie PORTE. 8. Lui ha sempre avuto un solo problema: restare in equilibrio. Se non finisce per le terre, sono dolori per gli altri. Questo Tour conferma il suo potenziale e finalmente se non proprio Gastone, non fa più la figura del Paperino..
SUNWEB. 8. Non hanno l’uomo classifica, sono una squadra sulla carta tutta da interpretare e inventare, alla fine sono quelli che più di tutti inventano e si divertono. Per questo vincono con tanti giovani di talento: una con Hirschi e due con Andersen, sempre con azioni da lontano, sempre con un disegno tattico perfetto. Gente che sa scegliere il tempo e la Sunweb che ha saputo scegliere: i talenti.
Damiano CARUSO. 8. Fa tutto e lo fa benissimo. Ormai è un uomo squadra, che a tratti fa reparto da solo, nel senso che tiene in piedi tutto lui. A me è piaciuto un sacco, l’ho detto sin dall’inizio e lui non mi ha smentito fino alla fine. Bravo lui, non certo io.
Richard CARAPAZ. 6. Salva la baracca Ineos Granadieres, che era venuta per vincere il Tour e torna a casa con le pive nel sacco, non dimentichiamocelo. Dai “marginal gains”, alle grandi batoste. Un budget da oltre 40 milioni di euro che non sono garanzia di successo, e questa per noi appassionati è comunque una gran bella notizia. Con i danè si possono fare tantissime cose, tipo puntare alla maglia gialla, ma in questa occasione non sono riusciti nemmeno a vincere quella a “pois”.
Julian ALAPHILIPPE. 6,5. Ripetere il Tour dell’anno scorso sarebbe stato quasi impossibile, ma Loulou è sempre un piacere vederlo. La sua tappa la vince, poi in più di un’occasione da’ l’idea di potercela ancora fare, e anche questo è garanzia di spettacolo.
Miguel Angel LOPEZ. 6. Corre bene, senza sprecare energie. Attacca quando deve attaccare, ma nella crono finale non spinge come se non ci fosse domani. Lui forse era rimasto al giorno prima? Ah saperlo…
Sam BENNETT. 8. Si prende la maglia verde battendo Peter Sagan (6 perché ha lottato sempre, fino alla fine) e Matteo Trentin (voto 6,5). L’irlandese sprinta, rintuzza e insegue: non molla l’osso. Duellare con Sagan non è per nulla semplice, ma anche per lo slovacco avere tra i pedali l’irlandese non è stato piacevolissimo.
Mikel LANDA. 6,5. È il leader della sua Bahrain Merida (voto 8), ma lui è un bomber un po’ distratto e timoroso. Si trova in un paio di occasioni a tu per tu con il portiere e calcia alto. Alte erano le ambizioni del suo team, alto è stato il rendimento di corridori come Caruso e Bilbao oltre al tuttofare Colbrelli. Arriva ai piedi del podio, tutt’altro che male: se solo avesse avuto maggiori gambe e maggior coraggio sul Col de la Loze…
Egan BERNAL. 4. Esce di scena da gran signore, con il sorriso sulle labbra, nonostante quel dannatissimo mal di schiena. Va piano, ma non è il vero Bernal: è qualcosa che gli assomiglia, ma neanche tanto. È giovane, ha tutto per riprendersi, anche quello che ha lasciato per strada quest’anno.
ITALIA. 0. Zero sono il numero di vittorie, ma alla fine la nostra modesta figura l’abbiamo fatta. Un Tour da sufficienza piena, nonostante l’uscita di scena di Nizzolo (guai al ginocchio), Formolo (clavicola fratturata) e Pozzovivo (caduta alla prima tappa provocata da uno spettatore). Abbiamo pero quasi subito anche Fabio Aru, ma questa è un’altra storia, molto più complicata e complessa. Anche Fabio è da zero, non come voto, ma come punto di ripartenza. Riparta da zero: si volta pagina e si pensa positivo. Fabio era la continuità del dopo Nibali: io ci credo ancora. Che sia da zero anch’io?
Thibaut PINOT. 4. Mi spiace dovergli dare un voto così brutto, perché mi è simpatico parecchio, ma ancora una volta, anche lui, è stato tradito prima ancora che da una tenuta fisica da quella mentale. Si consuma, va in ambasce, non è facile farsi scorrere addosso tutto, lui è poco resiliente, ma per nulla impermeabile. Lo fermano i dolori alla schiena, che lo tolgono dalla classifica già alla prima settimana. Gli fa onore concludere la corsa a dispetto dei malanni. I francesi è probabile che non si incazzino, però aspettano: è dal 1985 che aspettano. Voto 3 a Romain Bardet e Warren Barguil: perché li aspettano ancora. Voto 1 a chi li aspetta.
Nairo QUINTANA. 4. Sembrava rigenerato, più attento e reattivo, più sicuro e spavaldo. Sembrava (voto 4 anche per il sottoscritto).
Guillaume MARTIN. 6. Manca la top ten per 3'05", questo il distacco da Caruso. Fa un discreto Tour de France, ma commette qualche errore di troppo a livello tattico e di gestione della corsa. Si dice anche si sia un tantinello imbranato con il cambio, dimostrando molta più dimestichezza sui libri che in sella alla sua magnifica De Rosa. Il ragazzo della Cofidis è comunque il bello del ciclismo, non tanto per il suo aspetto fisico, ma per la sua testa. Tanta, molta, che fa bene a tutto il nostro movimento, al nostro mondo. È un ragazzo pedalante e pensante: non è il solo, è in un bel gruppo.
Made in ITALY. 10. Tanta Italia nei team di mezzo mondo. Tanti corridori italiani a ricoprire i compiti più delicati nelle formazioni più attrezzate, tante le biciclette del gruppo che vengono dal nostro Paese, e vincono da anni. Pinarello ha fatto filotti infiniti. il Tour è in pratica casa sua. Quest'anno sul gradino più alto una Colnago (Uae Emirates), seguita da una Bianchi (Jumbo Visma) e poi una Wilier Triestina (Astana) che fino alla crono decisiva era sul podio anch'essa e la De Rosa (Cofidis) che per poco non entrava nella Top 10. Insomma, sarà anche un modo diverso di valutare le corse, ma se nella F.1 esiste la classifica costruttori, perché nei Grandi Giri dove l'aspetto tecnico non è assolutamente marginale non dovremmo tenerne conto? Italia popolo di santi, poeti e navigatori, ma anhce di ottimi corridori e costruttori: bravi. Molto bravi.
TOUR de France (pubblico). da 0 a 100. Sarebbero da 100 per come hanno organizzato il Tour, soprattutto le bolle, con tamponi per tutti a spese della Grande Boucle. Però c’è anche quell’aspetto dato dalle porte aperte, dei tifosi ammassati, ululanti, tantissimi con la mascherina e troppi senza. Per questo il voto sarebbe zero. Ma forse il percepito di noi italiani è un po’ diverso. Il Covid da noi è un fatto politico, dove ci si scontra tra destra e sinistra, osservanti e negazionisti. In Francia è una situazione complessa e complicata, però non impossibile. Da noi il Giro è un affare privato, da loro il Tour è un affare di Stato. Da noi c’è lo Stato mamma che ci dice quello che è bene fare, da loro c’è uno Stato che dà indicazioni, poi ognuno faccia un po’ come crede. Punti di vista, ma ai punti chi vince? Voto 0: come i casi Covid in gruppo. Lo so vi dà fastidio, ma la Francia ha vinto ancora.