Non si può proprio dire che non sia vero ciclismo. Nella sua stravaganza, questo Giro di Lombardia si rivela comunque tra i più belli e i più emozionanti. Avremmo tutti fatto volentieri a meno dell'emozione più eclatante, la caduta di Evenepoel, ma visto che non stiamo parlando nuovamente di disgrazie tipo Zanardi e tipo Jakobsen, un bel segno di croce e tante grazie al Cielo.
Resta dunque lo spettacolo, resta l'idea che questi ciclisti abbiano preso maledettamente sul serio la ripresa, in qualunque modo e a qualunque costo. Nonostante tutto.
Ma purtroppo niente e nessuno - i campioni che si sono battuti e un risultato comunque aristocratico - niente e nessuno possono in ogni caso cancellare la vergogna di fondo che ha sovrastato la nostra classica più bella: naturalmente parlo della concomitanza con il Giro del Delfinato, il piccolo Tour de France, anzi la vera anticamera del Tour, che di colpo ha mutilato brutalmente, senza alcuna pietà e senza alcun rispetto, il parco iscritti del Lombardia.
L'ho detto quando si sono inventati questo calendario d'emergenza e lo ridico con maggior forza alla prova dei fatti: l'Uci a trazione francese ha infierito sull'Italia e sui suoi gioielli di famiglia. E piantiamola di concedere tutte le attenuanti del caso: lo sappiamo, non era facile salvare la stagione, il calendario sarebbe uscito comunque sbalestrato, ma resta il fatto insindacabile che qualcosa di meglio ci si doveva inventare. In primo luogo, nei confronti dell'Italia. Su questo, non c'è una sola parola in più da aggiungere. Chi ha voglia se la inventi pure, ma io resto ai fatti: i francesi hanno piazzato le loro corse e le loro tende dove hanno voluto, a proprio piacimento, il resto a seguire, gli altri a strafottersi, con la sola scelta possibile di ingoiare il rospo.
Il Lombardia esce stupendo lo stesso, grazie ai presenti. Ma la questione di principio non si sposta di un millimetro. Anche perchè la spudorata arroganza dell'Uci a trazione francese non finisce di certo qui. Sappiamo benissimo cosa ci aspetta fra poco: il Giro d'Italia delle foglie morte e dei pochi intimi. Certo, persino il Giro subirà lo stesso destino: tra schiacciamento del Tour e altre concomitanze, chi lo vincerà, faticando come un dannato, si vedrà celebrato inevitabilmente con i giudizi che conosciamo, certo, ha vinto, ma cosa ha vinto, contro chi ha vinto?
Di tutto questo non bisogna dimenticare una sola virgola. Va bene subire, ma stavolta ci hanno proprio presi a calci nel sedere. Almeno, mi piacerebbe che nessun italiano trovasse il modo di comprendere, condividere, giustificare. Almeno la dignità, almeno la dignità di sentire l'offesa e di ricordarla a futura memoria. Altrimenti hanno ragione gli arroganti a trattarci sempre come gli scemi del villaggio. Altrimenti ha ragione Seneca, quando dice che se uno striscia tutta la vita, non può stupirsi se prima o poi viene calpestato.