Da alcuni mesi i miei pezzi per tuttobiciweb, postati su Facebook, vengono commentati con la riproduzione di una pagina e di un articolo, la pagina è quella del comitato Giustizia per Giovanni, l’articolo è quello pubblicato sulla “Gazzetta dello Sport”, la pagina mostra il bordo di una strada, un cancello e un muretto, l’articolo s’intitola «Tragedia Iannelli: ‘Transenne ridotte e troppi ostacoli’».
Accadde il 7 ottobre 2019, in corsa, a Molino dei Torti, in provincia di Alessandria. Giovanni Iannelli, 22 anni, pratese, durante la volata finale si schiantò e, dopo due giorni di coma, morì. La vicenda è emigrata dalla via dell’arrivo alle vie legali, fra avvocati e tribunali, alla ricerca della definizione di responsabilità, alla ricerca del raggiungimento della giustizia. Anch’io vorrei che giustizia fosse fatta.
Chi riproduce la pagina e l’articolo su Giovanni è Carlo Iannelli, suo padre. Non si dà pace. Lotta, sfida, si batte, non si rassegna, insiste, resiste. Perdere un figlio è, per un genitore, un’amputazione inaccettabile, un dolore inestinguibile, una ferita inguaribile, insomma, un evento innaturale, anzi, contro natura. La vita dovrebbe essere una staffetta cronologica, rispettosa nella consegna del testimone.
Le volate sono prove di coraggio, atti di temerarietà, anche attimi di follia. Fin dalla prima volta in cui assistetti a uno sprint di gruppo, supplicai e poi avvertii la presenza del dio del ciclismo. Solo la sua supervisione poteva garantire l’immunità gomito a gomito, ruota a ruota, a sessanta all’ora. Probabilmente quel 7 ottobre di otto mesi fa il dio del ciclismo era distratto o impegnato altrove. Onnipresenza e onnipotenza hanno qualche difetto. Figurarsi gli allestimenti stradali. Ma certo bisogna sempre fare di tutto – gli organizzatori, i commissari, anche le squadre e i corridori, e gli spettatori – perché ci siano le condizioni della massima sicurezza possibile.
Ho scritto a Carlo Iannelli chiedendogli se non esistono forme di protesta più forti o atti di dolore più efficaci o sedi più adatte che non i commenti ai miei pezzi. Mi ha risposto “sì, che tu scrivessi qualcosa, grazie”.