C’è una storia di amore. E c’è una storia di ciclismo. La storia di amore è fra un corridore e una donna giovane, bella, innamorata, fiorentina. La storia di ciclismo è quella del Tour de France del 1960. Le due storie si intrecciano, si riflettono, si sovrappongono: perché quel corridore è Gastone Nencini.
C’è la storia di amore. Non è un amore facile, non lo è già in partenza: lui è un uomo sposato. Si conoscono nella profumeria dove lei lavora. Lui entra vestito da corridore, divisa da allenamento, maglione di lana da sciatore e pantaloni alla zuava da damerino più scarpe con tacchetti, risultato musicale da tip-tap. La prima volta è un profumo, la seconda una saponetta, la terza un dopobarba, la quarta è un invito, la quinta un bacio.
E c’è la storia di ciclismo. Il Tour de France si corre a squadre nazionali, l’Italia è diretta da Alfredo Binda e può contare su una formazione con almeno quattro capitani, possibili vincitori, oltre a Nencini ci sono anche Ercole Baldini, Graziano Battistini e Imerio Massignan. Ma Nencini si dimostra il più regolare, il più completo, il più forte. Rivière cade, Bahamontes cede, Baldini e Simpson crollano, Anglade e Adriaensens attaccano ma non lo staccano, e Nencini a Parigi trionfa.
E poi? Si ritroveranno, lui e lei? Si riconosceranno? Si ameranno?
Giovanni Nencini, figlio di Gastone e Maria Pia, ha scritto “Sulla cresta dell’onda” (Sarnus, edizioni Polistampa, 142 pagine, 13 euro). E’ un romanzo biografico, o una biografia romanzata: la storia di amore raccontata (probabilmente) attraverso i ricordi di lei, la storia di ciclismo rievocata (letterariamente) da un vecchio cronista a un giovane giornalista, fra monologhi e dialoghi estratti o immaginati da quel Tour. Giovanni doveva ancora nascere quando suo padre compiva il giro d’onore al Parco dei Principi, aveva vent’anni quando suo padre morì, ne ha sessanta adesso che ha sistemato i suoi conti con la storia, la storia di amore e la storia di ciclismo.
C’è molto amore nel ciclismo e c’è molto ciclismo nell’amore, era inevitabile. Gastone Nencini è ritratto nel suo spirito libero (“Mangiò come un bufalo. Ma non si accontentò, innaffiò tutto anche con un buon Chianti”) e coraggioso (“Il suo coraggio lo elevava ad un’arte, quando le ruote della sua bici disegnavano linee impossibili, e il suo corpo si adattava al vento e tutt’uno con la bici, danzava tra una curva e l’altra”). Libero e coraggioso sarà anche l’amore con Maria Pia (“Andammo nel suo scompartimento e facemmo all’amore da Bologna a Firenze, protetti dal capotreno”, “Arrivati a Firenze io poi scesi da un altro vagone per non essere vista”). L’ultimo ciak è anche un’ultima pedalata: alle Cascine, Maria Pia che spinge una carrozzina, Gastone che salta sulla bicicletta.
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