Il documentario “Lance” ha riacceso l’attenzione sui fatti di un’epoca discussa del ciclismo moderno e con essa anche riportato a galla diverse polemiche.
Tra i tanti a scendere in campo, Johan Bruyneel, direttore sportivo del corridore texano. In una intervista concessa al periodico fiammingo Humo, il tecnico belga ha lanciato strali contro alcuni dei suoi grandi accusatori ed il primo a finire nel mirino è stato Greg LeMond, tre volte vincitore del Tour (nel 1986, 1989 e nel 1990).
«Negli anni Novanta tutti avevano accesso agli stessi medicinali, al doping ematico e all’EPO. Greg LeMond dice sempre di essere l’unico vincitore pulito del Tour, ma è una grande stupidata. Lui ha sempre corso per formazioni francesi che in quegli anni erano le regine del cortisone. E non è possibile pensare che non abbia preso niente. Ha battuto Bernard Hinault e Laurent Fignon, corridori che hanno ammesso di aver assunto sostanze in quel periodo, ma non è possibile sconfiggere quei campioni senza prendere le stesse cose. Greg LeMond ha vinto perché era il migliore della sua generazione, proprio come hanno fatto Bernard Hinault, Jacques Anquetil, Eddy Merckx e Miguel Indurain. E come ha fatto Lance Armstrong. Noi abbiamo vinto quei Tour grazie al talento, alla strategia e alla preparazione meticolosa».
Nel mirino di Bruyneel anche i dirigenti delle formazioni francesi: «Il grande male del ciclismo è l’ipocrisia. Prendete Marc Madiot, Vincent Lavenu e Jean-René Bernaudeau, ovvero le eminenze grigie del ciclismo francese. Loro continuano a giudicare il mio passato, mentre a loro è stato perdonato quel che hanno fatto. Quando li sento parlare, penso sempre “fate quello che volete, ma restate in silenzio sul doping”».
Infine una battuta anche su Bjarne Riis: «Merita una seconda chance, ha sbagliato tanti anni fa, non rifarà gli stessi errori. Io sono nella sua stessa situazione ma qualcuno ha deciso che per me non valgano le stesse regole...».