Lo incontrai a Chianciano Terme, ne scrissi in “Vai che sei solo” (Libreria dello sport, 1996) e “I diavoli di Bartali” (Ediciclo, 2016), ma qualcosa era rimasto ancora sospeso. Cino Cinelli: un gigante.
“Dicevano che da piccolo fossi gracile. E’ vero: lo ero. A scuola feci la seconda avviamento, poi lavorai alla casa editrice Bemporad di Firenze come fattorino, nel posto lasciato libero da mio fratello Giotto. Mi lasciavano il giovedì pomeriggio per allenarmi in bicicletta. Quando Enrico Bemporad, giudeo e perseguitato dalle leggi razziali, svendette l’attività, un sabato andai a correre a Pitigliano lasciando le chiavi di casa al proto, il capo della tipografia. A Pitigliano vinsi e i fratelli Paoletti, quelli della tipografia, mi fecero i complimenti e mi diedero due mesi per ripensarci. Insomma, avevo due mesi per capire se diventare corridore o tornare fattorino”.
“Giro d’Italia 1939. Prima tappa, la Milano-Torino, vittoria e maglia a Vasco Bergamaschi. Seconda tappa, la Torino-Genova. Gino Bartali d’accordo con Mario Vicini: scatta uno, scatta l’altro, finché scatta Vicini, stadio della Nafta, un brusio, la pista, riprendiamo Vicini, ma io non ho cambiato rapporto – avevo il Vittoria – invece Bartali sì, e vince, tappa e maglia. Terza tappa, la Genova-Pisa. La mattina dico a Bartali: ‘Staccami sul Bracco, perché a Pisa ti batto’. Sul Bracchetto c’è un gruppetto davanti con Leoni, Pasquini e gente fuori classifica, poi io, Vicini e Valetti, dietro Bartali. Bartali cede, a Sarzana ha 11 minuti di distacco, al traguardo saranno 7. Volata: primo io, tappa e maglia, secondo Leoni, che non ha tirato neanche un metro, terzo Vicini”.
“La rivalità con Bartali era antica, ma lui ce l’aveva con me da quando l’avevo battuto al Giro di Lombardia 1938, in volata, al Vigorelli”.
“Giro del Veneto 1941. Sulla prima salita Bartali attacca, io guardo, Coppi gli risponde. Sull’ultima salita io e Coppi ci proviamo, li stacchiamo, ma gli altri sono lì, gli propongo ‘mettiamoci d’accordo perché sennò in discesa gli altri rientrano’, e infatti rientrano. Tutti a tirare con il rapportone. Ma a Padova c’è un cavalcavia. Pavesi, direttore sportivo della Legnano, dice a Volpi di partire. Io lo riprendo con Coppi a ruota, poi Coppi avrà pensato ‘questo mi batte in volata’, così a 3 chilometri dall’arrivo mi salta e se ne va. Io vinco la volata per il secondo posto”.
“Giro del Lazio 1941, valido come campionato italiano. Volata. E vento. Coppi davanti, io alla sua ruota. Bartali ordina a Mario De Benedetti, che era di Tortona (Carbonara Scrivia, ndr) ma che correva per la Legnano: ‘Toglimi Cinelli’. De Benedetti mi mette una mano sulla spalla. A De Benedetti danno due mesi di squalifica, ma io perdo il campionato italiano. Primo Leoni, secondo Bini, terzo, nonostante tutto, io”.
“Ero veloce, in una volata di gruppo non avevo paura di nessuno, neanche di Leoni. Leoni mi fu avanti al Giro del Lazio 1941 e al Giro dell’Emilia 1942. Foro a 20 chilometri dall’arrivo, scatta Coppi, che viene ripreso ai meno 4 quando rientro io. Magni dice a Leoni: ‘Ti tiro la volata’. Come si può dire di no a una proposta così? Stesso ordine di arrivo: primo leoni, secondo Bini, terzo io. Poi Bartali e Coppi”.
“Tour de France 1950: Gino Bartali si ritirò perché sennò avrebbe vinto Fiorenzo Magni. Alfredo Binda, c.t. dell’Italia, domandò a Magni: ‘Mi assicuri di vincere?’. Magni gli rispose: ‘Ora sto bene, ma come faccio ad assicurare la vittoria finale?’”.
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