Sono stato, da sempre, molto incline al pormi domande. A volte, forse, troppe e troppo spesso. A volte sarebbe più utile pedalare a testa bassa e stop, come nel ciclismo come nella vita. Il periodo che stiamo vivendo, però, mi offre da un lato il tempo dall’altro gli spunti e le occasioni per riflettere e pormi qualche domanda. Come ciclista, cittadino e semplice uomo o papà.Come ciclista De Marchi ormai già da diversi giorni sta spargendo gocce di sudore a destra e manca su diversi pavimenti, dal terrazzo al garage, ed è pronto a continuare così per ancora molti altri, senza troppi fastidi. Il suo background da pistard fatto di molti allenamenti sui rulli torna utile. E poi il pedalare, per fortuna, anche se al chiuso di un garage , continua a rimanere una forte e vitale passione per lui. E’ diventata quasi una medicina in questo momento. Forse ancora una volta si rende conto dell’importanza che ha nella sua vita questo lavoro-passione, o passione lavoro o come lo vogliate definire, ed è sinceramente preoccupato per la sua professione e il suo mondo. Non è stato semplice abbandonare le strade. Negli ultimi giorni che gli era permesso ha percorso qualche chilometro sulle sue strade preferite, quelle isolate delle valli del cornappo e del natisone, ma lo ha fatto tutt’altro che in modo sereno.Tante sono state le maledizioni ricevute, tanti i brutti gesti e le occhiatacce. Ora che usa la bicicletta per andare a far la spesa o qualche semplice commissione sente ancora gli occhi addosso. Si sente quasi in colpa e si chiede: perché non abbiamo la forza e il coraggio di sospendere il giudizio? perché ci auto-eleggiamo “sceriffi” e siamo pronti a sputare frettolosamente sentenze? Anche per questo il ciclista De Marchi si è messo l’anima in pace e ha deciso di abbandonare la strada (ancora prima della direttiva Fedriga - Governatore del Friuli Venezia Giulia, ndr) e far il suo lavoro di cittadino, di impegnarsi, anzi di sacrificarsi. Poteva essere più egoista e meno severo con se stesso? Ancora se lo chiede.Il cittadino De Marchi invece non ha il minimo dubbio: il momento richiede uno sforzo, un impegno chiaro da parte del singolo e conseguentemente di tutti. Un forte senso civico, di comunità. Quando segue i TG o legge le news sul web rimane tremendamente colpito dalla vastità dell’evento, dalla sua grandezza. Un aspetto, ormai evidente, di cui si sta sempre più rendendo conto è la complessità del mondo, con i suoi mille intrecci, come un telaio per filare che ha decine di fili singoli ma alla fine tutti interconnessi tra loro. Non esistono soluzioni semplici perché non esistono problemi semplici.Tutto ormai è complesso, globale, ma non irrisolvibile. Complesso nel senso di interconnessioni e coinvolgimento richiesti per arrivare ad una soluzione. Questo virus ci mette in questa condizione, ci offre questa opportunità . Nelle difficoltà siamo costretti a migliorare, a cambiare.E questo il cittadino De Marchi si sta chiedendo: sapremo approfittare di questa situazione? Che cosa impareremo? Comprenderemo una volta per tutte la necessità di fare “squadra”, di essere “compagni”? Dai Comuni alle Regioni agli Stati etc etc. Di una cosa è certo : il senso civico che ora ci viene richiesto dovrà rimanere costantemente presente nella nostra quotidianità, mai più dovrà tornare ad essere una cosa straordinaria.E poi c’è il De Marchi papà, anzi … marito e papà ( per il quieto vivere di questa quarantena). Probabilmente dei tre questo De Marchi è quello che sta godendo di più del particolare momento. Mai avrebbe creduto di aver a disposizione un così lungo periodo vicino a suo figlio (e sua moglie).Un anno e qualche mese fa quando è diventato papà sapeva che avrebbe sacrificato parecchio tempo per pedalare lontano da casa, avrebbe usato le videochiamate in ogni momento possibile per essere, almeno virtualmente, presente ad ogni piccola tappa del nuovo arrivato. Invece la vita a volte è strana. Tutto questo non si è avverato . Prima la caduta al TDF e i mesi di riabilitazione a casa e ora questo surreale capitolo gli ha regalato la cosa più importante: il tempo. Gli ha regalato tempo per stare a casa, tempo per le passeggiate in giardino, tempo per qualche levataccia e tempo per tanti sorrisi e grandi risate. Vuole assaporare ogni momento di questo capitolo. E’ consapevole che non vi è quarantena o gara o grande giro che tenga di fronte all’opportunità di sentirsi chiamare per la prima volta, dal vivo, papà. Tutto questo è energia, è un vaccino infallibile. Così mi vedo se mi guardo allo specchio durante questi giorni in cui il bilancio delle emozioni a fine giornata non sempre è positivo. Ma sto imparando che per fare questo bilancio bisogna aggiustare il tiro. Siate forti.per gentile concessione del Messaggero Veneto e di Antonio Simeoli, firma ciclistica del prestigioso quotidiano
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