Vita domestica, resistenza casalinga. Tempo per leggere, ora di scrivere. Lavoro di memoria, ordine di archivio. Spulciando, ritrovo. Spolverando, riscopro. Diari, foglietti. Appunti, note. Perle, gemme. (Terza puntata)
“Tour de France 1965. Salvarani: Adorni capitano, io – terzo al Giro d’Italia e secondo al Gran premio di Castrocaro Terme dietro ad Anquetil: tutti mi dicevano ‘vai, vai’ - convocato all’ultimo al posto di Fantinato, poi Mazzacurati, Minieri, Pambianco, Partesotti, Ronchini e gli svizzeri Blanc e Zoeffel. Adorni si ritirò alla nona tappa, sui Pirenei, per la dissenteria, Zoeffel alla quindicesima, ma a mandarlo a casa ci pensammo noi, perché era un menefreghista” (Felice Gimondi).
“Tour de France 1965. Bici Magni della Chiorda. Il meccanico era Piero Piazzalunga, il massaggiatore Iriano Campagnoli. Campagnoli lavorava come infermiere all’ospedale di Imola e per venire al Tour prendeva le ferie. Io ero un pivellino, ascoltavo tutti perché da tutti potevo imparare qualcosa, e anche Campagnoli me le raccontava” (Felice Gimondi).
“Tour de France 1965. Era un’avventour... Il libro della corsa non aveva le cartine plastificate, così ritagliavo la pagina della tappa e dietro mi segnavo l’albergo, e la infilavo in una busta di plastica. I villaggi di partenza non esistevano, si partiva la mattina alle 10, ricordo che l’ammiraglia della Peugeot – la squadra di Pingeon, Simpson e Soler – al posto della portiera aveva una catenina, così il meccanico poteva scendere più velocemente per aiutare i corridori” (Felice Gimondi).
“Tour de France 1965. Ritirato Adorni, Luciano Pezzi ordinò a Pambianco e Ronchini di starmi vicino e a tutti gli altri gregari di aiutarmi fino alla morte. Ero giovane e sprovveduto, ma garibaldino, non mi risparmiavo mai, tanto che alla fine vinsi anche il premio della combattività. In camera stavo con Adorni, poi con Ronchini. Ricordo la notte a Barcellona: eravamo in un bell’albergo, ma faceva così caldo che era impossibile dormire, aprimmo finestre e porta per avere un po’ di corrente, poi ordinammo due secchielli del ghiaccio, ci sdraiammo sui letti a pancia in giù con le mani immerse nei secchielli” (Felice Gimondi).
“Tour de France 1965. La tappa da Ax-les-Thermes a Barcellona. Andò in fuga lo spagnolo José Pérez Francés, nel finale bisognava fare tre giri del circuito basso della Formula 1, il gruppo arrivò a quattro-cinque minuti in volata. Quel giorno l’asfalto, morbido, si scioglieva. Le ruote, passando, friggevano e lasciavano le tracce. Poi ci pulivamo dal catrame con la benzina” (Felice Gimondi).
“Julio Jimenez mi disse: ‘Pepe, è molto lontano e fa molto caldo’. Attaccai comunque. E quando capii che cosa avrei dovuto sopportare, la situazione si era già complicata. Le radio cominciarono a raccontare che ero in fuga e tutti uscivano di casa e venivamo a vedermi passare. Fu come se tutti i tifosi fossero saliti sulla mia bicicletta. Mi dicevo: ‘Fa’ uno sforzo, questa gente se lo merita’” (José Pérez Francés).
2 - continua
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