Vita domestica, resistenza casalinga. Tempo per leggere, ora di scrivere. Lavoro di memoria, ordine di archivio. Spulciando, ritrovo. Spolverando, riscopro. Diari, foglietti. Appunti, note. Perle, gemme. (Seconda puntata)
“Come te g’ha insegnà Malabrocca e i to’ coeghi leali / co’ sta roba de sicuro te rivarà a Roma, ai Fori Imperiali, / forse dopo ‘na bona ora, forse di pi’, forse anco manco, / ma sol coa to forza e... coa maja neta, almanco!” (come ti ha insegnato Malabrocca e i tuoi colleghi leali, con questa roba di sicuro arriverai a Roma, ai Fori Imperiali, forse dopo una buona ora, forse di più, forse anche meno, ma con la sola tua forza e... con la maglia pulita, almeno).
“Alto un metro e novantacinque, pesavo settantatré chili. Pelle e ossa, perché i capitani si attaccassero bastava che infilassero un dito fra due mie costole” (Ottavio Cogliati).
“Le maglie erano di lana, si allungavano a dismisura, arrivavano sotto il culo, mi costringevano a fare un nodo alla vita” (Ottavio Cogliati).
“Tre Giri d’Italia, mai arrivato a Milano, un dispiacere enorme per me milanese. Nel 1963 il Giro arrivava a Milano, fin dalle prime tappe chiedevo il permesso di una visita parenti al gruppo, mi chiedevano dove abitassi, rispondevo la verità, in via Pacinotti all’8. Rik Van Looy voleva sapere esattamente dove fosse, e io glielo spiegai, all’ultimo chilometro, perché era a un chilometro dal Vigorelli, e allora Rik scoppiò a ridere. Comunque mi ritirai prima. Nel 1965 si partiva da Milano dopo il giorno di riposo. E nel 1966 si passava da Milano nella tappa da Parma ad Arona. Quel giorno ebbi via libera: da solo, davanti a tutti, attraversai Milano da Porta Romana a piazzale Accursio passando per i Bastioni e Corso Sempione. In piazzale Accursio c’era mio padre, carico di bibite, e con quelle rifornì mezzo gruppo. Poi vinse Franco Bitossi” (Marino Vigna).
“Il nostro massaggiatore era Enrico Villa. Viveva di ricordi. Abituato a Gino Bartali, ci rifilava due schiaffi sulle gambe e poi ci spediva a cena” (Mario Minieri).
“Tour de France. Il rifornimento si prendeva sui banconi alla partenza o dagli organizzatori. Ercole Baldini prese una torta di riso, ma era piena di vermi. In quel momento passava Jacques Goddet, il patron della corsa, e lui, per la rabbia, gliela tirò addosso” (Mario Minieri).
“Nel 1965 e 1966 la Salvarani era divisa fra due partiti: c’erano i gregari per Vittorio Adorni e quelli per Felice Gimondi. Luciano Pezzi aveva il suo daffare per trovare l’armonia. Lo chiamavano Napoleone” (Mario Minieri).
“Tour de France 1965. Felice Gimondi scappò da solo. Rik Van Looy disse di lasciarlo là davanti a cuocere. Allora io e Arnaldo Pambianco andammo a prendere Gimondi. C’erano le alleanze. Van Looy stava con la Mercier-BP di Raymond Poulidor, noi con i belgi della Wiel’s-Groene Leeuw, la squadra di Desmet e Beheyt” (Mario Minieri).
“Van Looy era come Cipollini, ma quarant’anni prima” (Mario Minieri).
2 - continua
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